giovedì 25 dicembre 2008

hide and seek

e quando me lo immaginavo lo pensavo diverso, tutto qua, illusa com'ero di possedere una solida corazza alla quale appoggiarmi, e nessuno spazio ormai per occhi lucidi e acciaio nelle vene. disegno tre stelle sul muro a matita, le mie tre stelle: una a pavia, l'altra a genova, l'altra all'aprica. come possono delle amicizie dare tanto calore?, anche a questa distanza, in questo freddo di immobilità. non c'è niente da urlare niente da spiegare. basta esserci e ascoltare.
meno male che filippo timi ha scritto solo due libri finora, altrimenti mi farebbe troppo male, la sua sincerità; un uomo così, c'è da venerarlo o detestarlo, nessuna via di mezzo. a parlare di donne si rischia sempre di dire troppo poco. lui, con una punteggiatura tagliente, fa quasi paura nel suo descrivermi. non c'è niente da urlare niente da spiegare. basta piangere e ascoltare.
se fossi una canzone in questo momento, sarei hide and seek di imogen heap.
Blood and Tears
They were here first.

sabato 13 dicembre 2008

you must have fallen from the sky

potessi spiegarvi con una scia di luce
quello che provo girando l'ultima pagina di eva luna
alle due nella notte di luci artificiali dell'aeroporto di madrid barajas
provando a fermare la sensazione che provo guardandoti

dormire
ridere
mangiare
sbadigliare
pensare
sbuffare
(you must have fallen from the sky
you must have come here in the pouring rain)

se non ho le risposte, forse è perchè pongo io male le domande?

sabato 29 novembre 2008

le petit prince


toutes le grandes personnes ant d'abord été des enfants.

è che la neve rende tutto incredibilmente silenzioso. ed è facile lasciare tracce e poi voltarsi e vederle cancellate, secondo dopo secondo, da una natura testarda e non contraddittoria.

(c'è chi poi si fa logorare dalla propria città, e forse non averla, una propria città, fa in modo che la matassa si sbrogli più facilmente)


lunedì 17 novembre 2008

ctrl-alt-canc

i titoli dei giornali parlano di crisi. le trasmissioni parlano di crisi. la satira parla di crisi. le vignette parlano di crisi. io parlo di crisi, davanti un caffè con le mie amiche e poi con sconosciuti che diventeranno compagni di viaggio e di lotta e di disillusioni e risate e speranze. parlo di crisi con adulti e con persone più piccole e con parole che imparo a conoscere ma in modo istintivo, bestiale. e se perdo lucidità è solo perchè provo a non farmi scivolare nulla addosso; soprattutto se si tratta di veleno.
e poi c'è una crisi più intima, personale, epidermica, come una fastidiosa orticaria sulla pelle ti sveglia di notte e ti lascia insicura nei sogni e nelle idee. delusa nei modi d'essere e di fare. limitata nei gesti e nelle esplosioni di pianto.
questo post inizia quando sono in coda all'esselunga affollata di giovedì sera, con nel cestello gli ingredienti per i panini vegetariani che preparerò con tanto amore poco più tardi, prima di partire; inizia quando una signora alla cassa accanto continua con noncuranza a mettere la sua spesa sul rullo mentre un signore anziano dietro di lei tiene in mano un quaderno, e solo quello deve pagare; lo notiamo tutti, per cinque minuti immobile e in fila come tutti, ma è l'unico a non essere spazientito dal rumore assordante e dalla radio e dall'altoparlante e dalle chiacchiere vuote. qualcuno scuote la testa, dice "per un quaderno...", poi lo fa notare alla signora davanti, impegnata a tirare fuori una tra mille carte di credito. lei si gira e sbatte le ciglia truccate e chiede alzando la testa e la voce più del dovuto "vuole mica passare?". lui si apre in un sorriso che non è amaro, ma consapevole, e dice "non ho fretta". io sogno che su quel quaderno vengano scritti ricordi di una vita allo zucchero filato.
il post prosegue in un messaggio di greta che mi scrive in maiuscolo "CHE BELLO RACHY STIAMO ANDANDO A ROMA A FARE QUALCOSA PER IL NOSTRO FUTURO", in un viaggio infinito su un pullman lungo mezzo stivale, in un'alba sulle colline del nord del lazio, tra le urla e il sole e gli occhi stanchi, e con un libro chiuso inondato di lacrime e scelte che diventano non-scelte.
e poi si conclude tracciando una linea sulla corda del tempo che ci lascia in mano il potere di diventare quello che vorremo essere, domani e dopo ancora,
da soli
o tra le dita di chi colora la nostra vita.

lunedì 3 novembre 2008

se saprà di pioggia o di sconfitta non lo so

se saprà di pioggia o di sconfitta non lo so.
o forse saprà di tutti e due, questo autunninverno che amo e poi odio e poi odio nuovamente. le stagioni non sono altro che persone e luoghi, e noi stessi per come ci guardiamo intorno. le nuvole piene d'acqua non sono altro che contenitori di infelicità, mi chiedo se starei meglio se il cemento fosse arancione, oppure se arriverei ad odiare anche quello.
un mal di stomaco del genere non mi veniva dalla seconda media e ricordo bene perchè ne soffrii, a quei tempi. ma non posso morire d'insofferenza, e questo devo essere io a capirlo, io sola.

mercoledì 22 ottobre 2008

non pagheremo noi la vostra crisi

c'è qualcosa che io da maledetta letterata, no, io da maledetta persona, non saprò accettare mai, ed è la riduzione della cultura a mera sfaccettatura economica di questo paese. la patata bollente di una finanziaria. per questo l'idea che sia stata scritta una legge come la 133 (una legge che viene chiamata Riforma, ma una riforma non dovrebbe puntare al futuro?; definizione dal dizionario De Mauro: "il riformare; modifica, trasformazione di uno stato di cose, di un’istituzione, di un ordinamento ecc. allo scopo di migliorarli"), secondo una quantomeno buffa collaborazione tra tremonti e gelmini, mi fa rabbrividire. mi taglia il respiro e raffredda le mani in un autunno ancora caldo.
pavia, la città intorpidita, si muove verso un lento risveglio. gli studenti escono dalle loro tane, quando qualcuno dà fuoco a questi rifugi. anche i più timidi e disinformati ormai non possono fare a meno di sapere ciò che sta succendo in italia, e chiedersi, "ma a noi?". e scoprire che quando nessuno vuole farsi portare via la propria libertà, i propri naturali diritti di istruzione, non resta che urlarlo addosso a coloro che avete votato, illusi di riempirvi le tasche. ma i soldi che vi danno in un mano, non sono altri che quelli che vi hanno tolto a manciate dall'altra mano, quella che non guardate mai.

NON PAGHEREMO NOI LA VOSTRA CRISI.


lo dico a chiare lettere come lo scrivono in caratteri maiuscoli in ogni cartello, ad ogni angolo di strada, in ogni chiostro. "prostituzione di cervelli": in questi giorni movimentati non ho sentito una definizione migliore di quello che ci stanno facendo, privandoci degli elementi base per continuare a studiare, a capire, a diventare degli adulti consapevoli, a coltivare un senso critico che possa farci dire No, quando serve. quando ti mettono un guinzaglio, per esempio. ma c'è anche chi sa abbaiare, per una razione doppia di cibo.
e tutto quello che so dire è che l'altro giorno all'assemblea studentesca non facevano altro che passarmi brividi da un punto all'altro della spina dorsale, perchè mi guardavo intorno e vedevo occhi sbarrati, non davanti alla televisione ma increduli di fronte a persone che parlano di una verità malvagia, irreversibilmente amara, ma con l'ottimismo di chi non usa manganelli ma parole.



giovedì 16 ottobre 2008

e se sapessi cosa succede

faccio appena in tempo, mentre percorro corso garibaldi, ad assaporare la sensazione di appartenere nuovamente ad una città che avevo messo un po' in un angolo, faccio appena in tempo a rendermi conto di esserci dentro, fagocitarla e farmi fagocitare, quando succede qualcosa che mi provoca solo del vomito, abbondante vomito.

(scritta accanto all'entrata del liceo classico foscolo, a pavia)

ma cosa succede alle nostre scuole?
ma cosa succede alle nostre città?
e a noi, cosa succede?

martedì 7 ottobre 2008

ci voglio mettere molto in quel gesto

salgo sul 3 in piazza della vittoria, diretta alla stazione, si riempie in dieci secondi e mi ritrovo particolarmente schiacciata contro un vetro dell'autobus, mentre cerco di tenermi attaccata con una mano alla sbarra e con l'altra alla valigia in modo che ferisca i piedi di meno passeggeri possibili. un signore seduto, lo vedo già che vuole attaccare bottone, trova solo me, iniziamo a parlare discutendo del fatto che proprio non si può, stare così schiacciati, che a quest'ora di solito proprio non c'è nessuno, e non piove nemmeno, oggi!, figuriamoci se piovesse... e poi mi chiede cosa studio, dove sto andando, commenta il mio piercing sorridendo, mi dice lei signorina si vede che è una brava ragazza, una hippie!, io rido, e poi studia lettere certo, glielo si legge in faccia... e tutto il fracasso delle chiacchiere intorno e delle ruote sui sampietrini si placa nella mia testa, quando mi parla di scarpe fatte di cartone e di spago, e poi un secondo dopo siamo ad auschwitz, ha 7 anni, con la pelle delle sue sorelle trucidate (tre) i nazisti hanno fatto qualcosa, mi dice che cosa ma io lo rimuovo subito, per sopravvivere, mi dice che gli fa piacere incontrare persone come me perchè io assomiglio alle sue sorelle, quella dolcezza infrangibile che lui riconosce nella folla. quasi non mi accorgo ma siamo arrivati alla fermata di fronte alla stazione, saranno passati solo dieci minuti ma è stato come un viaggio intero, la maggior parte dei passeggeri scende e noi con loro, sul marciapiede ci fermiamo e mi chiede se può offrirmi qualcosa, non so un caffè un succo una brioche, io ho il cuore colmo di tenerezza che da qualche parte devo versare, gli chiedo scusa ma rischio di perdere il treno, devo proprio andare, gli stringo la mano, lo faccio con energia, davvero, ci voglio mettere molto in quel gesto, e sfodero un sorriso veramente pieno, che quantomeno riesca ad abbracciarlo, poi mi allontano, e mi volto un'ultima volta.

"e lei s'abbandona alla corrente della lettura come all'unico atto di vita possibile in un mondo in cui non resta che sabbia arida su strati di bitume oleoso e rischio di morte per ragion di Stato e spartizione di fonti d'energia..."
[italo calvino, se una notte d'inverno un viaggiatore]

sabato 4 ottobre 2008

tratti infinitesimali

si rischia di avere stralci di cuore un po' ovunque, ad un certo punto, e non si parla solo di luoghi differenti ma anche di tempi che ti trattengono un po', o sogni che ti spingono da dentro. come dividere la propria personalità in tratti infinitesimali. si finisce col perderla?
la mia lista di vorrei si riduce ad un punto solo:
avere più tempo per fare, avere meno tempo da aspettare.

giovedì 18 settembre 2008

chiavi, cuori

che si gioca per vincere e chi vince è perduto
con una chiave ed un numero in mano
tutta la notte aspettare un saluto
e a pensare: “ti amo”
[ francesco de gregori : cardiologia ]




mercoledì 10 settembre 2008

avere stima di sè o fare finta di niente

mi assista il giusto o mi salvi il dubbio, decidere ora… no
insano sapere che cosa fare, avere fretta e restare a letto per ore ed ore.
cos’è il giusto, qual è il dubbio, il suo beneficio
avere stima di sé o fare finta di niente, dormire dormire dormire dormire
[ malfunk : il dubbio ]


tamburello con le dita sulle mie indecisioni, aspetto una risata profonda, e trovo aggettivi per le donne della mia vita. potreste far diventare specchi queste quattro mura, li prenderei a pugni, ma ugualmente continuerei a non vedermi.

giovedì 4 settembre 2008

come una primavera al contrario

è normale che a settembre capiti che tutto ciò che hai si sgretoli, senza neanche preoccuparsi di fare poco rumore. come una primavera al contrario. e oltre ai gesti - tua madre che tra una telefonata e l'altra ti spiega cosa riscaldare per cena, perchè se c'è una cosa che ti insegnano in questa famiglia è che bisogna prima di tutto occuparsi degli altri, anzi no, sacrificarsi suona meglio, qui si impazzisce ma per ascoltare tutti, consolare tutti, far sì che il mondo si addormenti serenamente; dover scrivere un sms a tuo padre per dirgli di non fare tardi al lavoro stasera; spulciare negli archivi lontani di un blog che senti improvvisamente come una scheggia nel petto e una vecchia coperta chiusa in un armadio, contemporaneamente; aver voglia di imparare, ma lontano dai libri ; fare attenzione a non vagare per strada con gli occhi troppo lucidi - anche le parole risuonano senza senso, come una pillola indorata per deglutirla meglio, perchè dai, nessuno davvero ti potrà mai dire che sei l'unica a sentirti così irrequieta, nemmeno instabile (sarebbe dopotutto una condizione come un'altra, l'instabilità), irrequieta.
e forse ti manca il teatro, forse ti mancano quei caffè rituali, forse ti mancano le persone intorno, un bicchiere di martini, o forse semplicemente una chiacchierata, di quelle che ti lasciano inebriata fino al giorno dopo.
smaltisco le mie conclusioni in un gesto simbolico, rapido e meravigliosamente irreparabile: taglio i capelli, che da sempre coltivano i dolori più radicati.

mercoledì 3 settembre 2008

c'è chi mi regala sogni

mio fratello mentre siamo in auto tenta di spiegarmi perchè le bottiglie di vino è meglio tenerle "sdraiate", dice il vino deve respirare insieme a ciò che lo circonda, dice proprio così.

poi. c'è gente da vedere, liste da spuntare, libri da imparare, una valigia da sistemare, singhiozzi da asciugare, urla da soffocare trattenendo il fiato.

e poi c'è chi mi regala sogni, e per questo tengo qua accanto una guida lonely planet di madrid che profuma di nuovo, per imparare a crederci.


" La promessa di esotici futuri mi è sempre parsa il perfetto antidoto alle delusioni del presente."
[ i figli della mezzanotte - salman rushdie ]

venerdì 22 agosto 2008

tanti auguri a me.

tanti auguri a me.

a ventun anni mi rendo conto che l'etichetta di Donna (nonostante i capelli lunghi o una riga di trucco sotto gli occhi) nessuno te l'affibbierà da un giorno all'altro, se non sarai tu a farlo da sola (meglio così, la tengo lontana ancora un altro po', giusto il tempo di abituarcisi.). e che più che cambiare quel che ormai sono, posso cambiare le prospettive, stare in ascolto, svegliandomi e stando meno peggio con me stessa, ma di giorno in giorno; che è la strada a rendere una meta straordinaria, così come la fatica e la tensione fanno piovere argento su un fallimento. che importa più chi ti vede bella, che esserlo davvero. ed avere sempre tempo per aspettare che smetta di piovere, e compaia il sole dietro la prima nuvola, è qualcosa che non si può barattare.


ciò che ci resta
è quello che basta
senza pesare parole e suoni
ritmi e canzoni
sogni e illusioni
e le delusioni

[ciò che ci resta : cristiano de andrè]

e ora cheesecake per tutti!

martedì 19 agosto 2008

situazioni nitide

situazioni nitide come ripercorrere in bicicletta una strada che fai da quando sei nata ti portano alla mente nuove considerazioni. per esempio, sul respiro della pianura qua attorno, che permette alla vista di fuggire senza scampo. sul profumo del naviglio, che non è di fiume, non è di lago, non è di mare. una muraglia di campi di grano si staglia prima sulla sinistra, poi sulla destra, e ti ci viene come sempre voglia di nasconderti, il giorno in cui troverai il coraggio lo vedi lontano. le salite sono minuscole, in confronto a come le affrontavi da bambina, prendendo la rincorsa per centinaia di metri. più avanti, gli anziani sono gli unici che ancora stanno ore con la canna da pesca in mano, e i piedi a mollo, insieme ai cani che si immergono scrollandosi di dosso quest'afa pomeridiana. ci sono salici piangenti che accarezzano lo scorrere del canale, e i rumori delle auto che rimangono indietro, in una bolla remota. e poi fermarsi a leggere di fianco all'abbazia, e aspettare che il sole ti cali addosso, con la confusa impressione che quel tempo che cola con la lentezza della resina da un pino ti stia allontanando da qualcuno e avvicinando a qualcun altro.



giovedì 14 agosto 2008

tremilaquattrocentosessantatre

tremilaquattrocentosessantatre.

è la cifra che vedo comparire sul display della calcolatrice una volta fatta una semplice operazione: chilometri segnati dall'auto/cubotto giallo a fine viaggio meno chilometri segnati dall'auto/cubotto giallo un secondo prima di girare la chiave e partire. fioriscono in quella cifra un bel po' di pagine di memorie, a scorrere in quella linea dove finiscono le onde contro le scogliere. altri si appoggiano sul filo che separa l'ombra e la luce, disegna contorni e impalpabile traccia le nostre vite, le unisce e le separa.


(...)

mi sento a volte trasportata da un'alta e poi una bassa marea, ma di sentimenti. finisco col sopportare la mia presenza solo perchè ne sono, dopotutto, proprio costretta. questo perchè sono perfettamente in grado di capire quanto io sia fortunata, tra il cielo e la terra sotto i miei piedi, ma a volte mi trafiggono dolori acuti senza spazio di perchè. ed è in questi spasimi, dissimulati raccogliendo conchiglie minuscole o stringendo cuscini come fossero persone, che cerco nella memoria la poesia di erri de luca che mi ha fermato il cuore, e ne tasto i colori camminando all'indietro per il mondo.

domenica 20 luglio 2008

mia mia

un messaggio di teresa mi ricorda che siamo fatte di nostalgie. nostalgia persino di quello che ancora dobbiamo vivere. abbiamo nostalgia di quello che siamo state, di quello che non abbiamo avuto, e nostalgia per quello che tra un po' saremo, cioè le noi stesse sempre incapaci di dominare le emozioni. quelle che le priorità non devono necessariamente Elencarle ma le conoscono a memoria nel loro cuore, e non le tradiscono mai. quelle che una lacrima la sera lava via la disillusione e costruisce sul sale nuovi "e domani...". quelle che le risate non bastano mai, e nemmeno i caffè, che chissà come mai ma quelli gustati con le Amiche sono sempre più buoni. quelle che scappano e ritornano, e nell'attesa del viaggio trovano la tranquillità che invece manca nei punti fermi della vita, quella fortunata che abbiamo, e che ci divertiamo a colorare con le sfighe da paolino paperino. quelle che baricco, e le sigarette, le paure sopra tutto. quelle che tu hai gli occhi che brillano e io i ricci che sobbalzano. e che per mano aspettano il sole che si nasconde dietro l'ultima goccia di pioggia. senza dimenticarsi mai di guardare in alto, però.

mercoledì 16 luglio 2008

ipse dixit

" In sostanza, è meglio sentirsi spronati a darsi una preparazione culturale perchè si gusta la poesia, piuttosto che credere di gustare la poesia come conseguenza dell'acquisizione di una preparazione culturale. "

(T. S. Eliot, Scritti su Dante)

mercoledì 9 luglio 2008

ottoluglioduemilaeotto


lo spirito di disillusione io lo comprendo ma non lo giustifico. non è che gli italiani dimentichino il loro passato. è che non gliene frega un cazzo, non sentono nemmeno l'odore della paura, anestetizzati come sono dalla droga e dalla televisione. una piazza non è una somma di numeri. sono occhi e storie, ed esigenze, e grida amare come zenzero nel cuore ferito, voglia di vendicare la libertà, bisogni primari che vanno al di là del pane quotidiano. giustizia che si spezza con la semplicità di un'ostia e miracoli che si moltiplicano come pesci transgenici. trasparente come un inganno tessuto a lungo e farcito con veleno. ammazzati dall'incoscienza e dalla disinformazione. ammazzati da noi stessi. da croci tracciate a caso in una cabina elettorale che serve solo a riempirci il portafoglio. e aule di tribunale farcite di giullari di corte. e soldi che passano e ripassano, sporchi di mafia sudore e sperma. e noi ridiamo forte per non cedere il passo. ridiamo perchè dalla resistenza di pochi siamo nati in molti. è facile ubbidire al pastore in un cielo estivo di plastilina. ululare di notte alla luna, quello è un po' più rischioso.

domenica 29 giugno 2008

ci sono cose che non cambierei per nulla al mondo

come, ad esempio, la perfezione del bianco e nero,
una tavolata lunghissima sulla quale fare merenda,
chi ti racconta un viaggio,
addentare una fragola ad occhi chiusi,
sentire i tuoni in lontananza e vedere il cielo diventare sempre più scuro,
piccole rose rosse nel cestino della bici,
una goccia che preannuncia il temporale estivo ti cade sulle labbra mentre pedali velocissimamente e tu istintivamente ci appoggi la lingua e senti il sapore di terre lontane,
è bellissimo

venerdì 27 giugno 2008

e cosa aspetti, aspettavi

passo e ti guardo profondamente, sono in seconda, ne ho tutto il tempo, il semaforo è anche rosso, poco più avanti. e non so se è dolore quello che vedo, o soltanto un filo che si spezza, come una crepa nel ghiaccio che avanza diretta, scava, logora, e poi taglia nettamente. c'è gente che scuote la testa e mormora sottovoce, uno di loro accovacciato ti tocca il polso con delicatezza, chiude gli occhi, lo vedo, forse sa che riaprendoli sarebbe tutto più vero. e poi ci sono i mille pezzi della tua moto tutti intorno, un blu intenso che facilmente luccica sull'asfalto sotto questo sole di fine giugno. non hai nome e non l'avrai finchè non uscirà il giornale locale, fatto di cronaca nera e proteste ipocrite. io ero preoccupata perchè sono in ritardo per il massaggio e poi non ho ancora deciso cosa mettere stasera, forse coi jeans sarei meno ridicola, e certo sarei più comoda con i sandali. ti vedo e non so chi sei e cos'hai e dove vai e cosa aspetti, aspettavi, cosa sogni e sognavi. oltre il semaforo giro a sinistra, sorpasso il ponte, un incrocio, poi accosto e semplicemente singhiozzo rumorosamente con le mani sul volante, soffrendo in modo statico e insonorizzato dai finestrini chiusi. ma tu dove sei, ora, quante cose non avevi detto nè fatto?

mercoledì 25 giugno 2008

come su neve di miele

(tutto per questo)

ci sono momenti in cui guardo davanti a me e vedo soltanto libri, libri su libri. sanno essere malefici e molesti, quando si tratta di un esame tosto, e sanno essere vivi e presenti più di una persona, più di un amico, quando servono. dai libri mi sono allontanata e ci sono tornata con le ginocchia sbucciate, senza che loro chiedessero spiegazioni. a loro, invece, spiegazioni ne ho chieste, cercandole con fastidiosa diligenza, e ho avuto domande quando cercavo risposte, e risposte quando cercavo domande: così, li vivo, mi lascio vivere. mi nascondo tra l'incipit e la quarta di copertina, sballottata in borsa tra treni ed aerei, rumori e silenzi pazienti, strade di sputi e di fango. pezzi ne strappo per la mia memoria, per i miei continui errori, per lettere mai scritte o troppo scritte, messaggi nel cielo, futuri che bramo o che respingo, occhi che chiamo o allontano o allontano chiamando (succede). nel nero delle lettere vedo diamanti, sangue o arcobaleno, incenso cascate e poi ghiaccio, il nero di una caverna, sapore di panna e di spezie. e ingoi e vieni ingoiato, non sei tu, non siamo noi, c'è solo da scivolare, come su olio, su neve di miele lasciarsi dondolare.

domenica 15 giugno 2008

castelli di rabbia


angoli, inserito originariamente da neve di miele.

il mio blog precedente si chiamava castelli di rabbia, dal libro di baricco ovviamente, e il nome rendeva perfettamente l'idea: binari, scelte, sogni, fragilità, momenti di tutto e di niente. questo neve di miele rappresenta una coltre dolciastra, più lenta, forse più... adattata alla superficie della vita. come se stessi crescendo. cosa che, in realtà, non accade.

domenica 8 giugno 2008

senza origine

vorrei che i miei capelli profumassero di ciliegia
odio le case senza granelli di polvere e caos, sono come un unico soprammobile gigante, e la staticità uccide
trovare una vecchia canzone
un sogno senza radici, cucito a forza d'immaginazione
un'amica quando ti dice "sei perfetta così"
montagne di appunti
pensare con cura ad un biglietto d'auguri
ripetersi che la coerenza è la virtù dei pazzi
fare il solletico a una piccola principessa bionda
consumare vecchie preoccupazioni
salutarsi

sabato 31 maggio 2008

l'ombelico del mondo




il
biglietto
del
concerto
dove
hai
capito
che
la
vita
è
bella
...
è
un
antidolorificomagnifico

mercoledì 28 maggio 2008

one language, two languages, canadians


se non fosse stato per loro due, il concerto sarebbe stato bellissimo. invece, è stato semplicemente meraviglioso.
(il tuo bracciale di plastica viola ce l'ho ancora io, lo tengo in pegno così magari non aspettiamo unannoeduemesi per rivederci. ti aspetto comunque per le lezioni di guida spericolata dentro milano, intervallate da vodka lemon.)

mercoledì 21 maggio 2008

e ho così paura di cose invisibili

e ho così paura di cose invisibili che a volte mi ferisco e mi guarisco
da sola
regalo foto ricordo per non farmi dimenticare
organizzo cene perchè le persone non fingano
di non vedere
e io?

mercoledì 14 maggio 2008

coquericot

incantata dai papaveri ai lati della strada, tra i binari del treno, a un passo dal cemento, stoici nel loro colorare di rosso vivo il mondo in ogni angolo d'aria. con steli fini e simmetrici e quattro petali impalpabili, sottili più della cartavelina, più del vento stesso. cerco una colonna sonora adatta, heartbeats di josè gonzales, e sotto la neve dei pioppi dipingo nostalgie e convinzioni. nella delicatezza di un fiore ritrovo la semplicità di cui ho bisogno per attraversare luoghi incolti e lasciare macchie di colore, aspettando di alzare gli occhi all'insù e vedere una cascata di stellepapaveri nel cielo.



lunedì 5 maggio 2008

citazionemozione

" Ecco un test semplicissimo per sapere se siete innamorati: se nell'arco di quattro o cinque ore senza di lei, sentite la sua mancanza, non siete innamorati - se lo foste, dieci minuti di separazione sarebbero bastati a rendervi la vita assolutamente insopportabile. "
[ l'amore dura tre anni - frédéric beigbeder ]

martedì 29 aprile 2008

notte forte scura brillante

e così mi viene da ridere perchè mi, anzi no, Ci, aspettano tanti, tantissimi chilometri "rotolando verso sud", su un treno scassato, carrozza 6 posto 66, cioè: il diavolo. meno male che non sono scaramantica. aspetto quel momento grazie alle energie scatenate dal weekend passato, in cui gli amici che conti sulle dita di una mano si trovano attorno ad un tavolo e lasciano sotto il cuscino le preoccupazioni e le bolle di dolore, contando solo sulla forza di gesti semplici come l'amarsi per come siamo. e poi un pomeriggio al sole e alla pianura di sempre e una notte scura forte brillante allo stesso tempo, condita da vino e trucco pesante.
momenti in cui viene facile guardarsi allo specchio. vedere un gatto sorridere. non piangere al check-in. le tue amiche davanti ad un caffè macchiato e sapere che non saremo mai più innamorate di come lo siamo ora, e per questo possiamo essere folli, soffrire di nostalgie immotivate, perderci in dolori inconsolabili, saltare in una pozzanghera.
cerco un modo di pescare immagini dalla memoria. provo per gioco a farlo su flickr, ma con calma. la stessa di chi si diverte a immergere la mano nelle tempere colorate.

venerdì 18 aprile 2008

siamo dentro a un labirinto

avrei voluto scrivere qualcosa riguardo alle elezioni, avrei potuto parlare di delusione, di soffocamento, di incredulità. sgomento post-elettorale. forse chi più ama l'italia finisce col farsi del male.
mi sono venute in mente queste parole di stefano benni... una mente geniale e libera come poche in circolazione.

“ siamo dentro a un labirinto. possiamo solo accorgerci che ci sono strade cieche e chiuse, e cercarne altre. forse non vedremo mai l'uscita. ma possiamo ogni volta imparare qualcosa. eppure spesso l'avventuroso cammino degli uomini si ferma. la mosca pensa che la bottiglia è l'unico mondo, il pesce si dibatte e impreca, teseo continua a percorrere la stessa cieca strada. Cosa temono, cosa li trattiene dallo sperare e dall'avventurarsi? ebbene, hanno paura delle molte strade, delle differenze. qual è il rumore del futuro per costoro? il breve rumore di questa bomba, e il lungo silenzio che ne seguirà. ”
[ achille piè veloce - stefano benni ]

venerdì 11 aprile 2008

mi piace sentire la forza di un'ala che si apre

dopo una mattinata di quelle atroci, da tragicommedia, mi ritrovo a rabbrividire mentre salgo i gradini a due a due, semplicemente brividi per questa canzone pescata a caso dall'ipod, per versi lontani che si fanno improvvisamente immagine, e da immagine, sensazione

a volte succede qualcosa di dolce e fatale
come svegliarsi e trovare la neve
o come quel giorno che lei mi sorrise
ma senza voltarsi e fuggire
vederla venirmi vicino fu quasi morire
trovare per caso il destino
e non sapere che dire.
ma invece fu lei a parlare
"mi piace guardare la faccia nascosta del sole
vedere che in fondo si muove
dormire distesa su un letto di viole" mi disse
"e a te cosa piace?"
"mi piace sentire la forza di un'ala che si apre
volare lontano
sentirmi rapace, capace di dirti ti amo
aspettiamola insieme l'estate"

[daniele silvestri - l'autostrada]

martedì 8 aprile 2008

fliegender elefant

e se mi sentissi un po' così?

mercoledì 26 marzo 2008

metropolitana

la metropolitana di milano è un luogo strano, un mondo a sè con proprie regole e paesaggi di gomma nera e odore di freni bruciati. essendo troppo raffreddata per poter immergermi nella lettura di benni, come sempre finisco col fissare le scarpe delle quattro donne sedute davanti a me. e dalle scarpe immagino prima destinazioni, poi motivazioni, sensazioni, vite. quella ragazza per esempio indossa stivali di pelle costosi ed una borsa estremamente in tinta, è ben truccata, ma si nasconde dietro uno di quei quotidiani gratuiti distribuiti in centro. quella di fianco è lei è più giovane, porta dei grossi occhiali da sole anche quaggiù, occhiali griffati che stonano con le scarpe da tennis consumate (l'ha fatto apposta?). ancora più in là, vedo una signora sulla quarantina che sfoglia un mensile per donne, infastidita dal volume del lettore mp3 della ragazza precedente. scarpe nere, anonime, tacco basso perchè non le facciano male i piedi tra dieci minuti. scelta saggia. per ultima, una ragazza alla quale non so dare un'età, capeli corti biondo cenere, è un po' robusta e indossa questa fantastica gonna lunga, rosa chiaro, e sopra un giubbotto di pelle. mi soffermo su di lei e ci vedo una cantante. poco prima di scendere alla mia fermata, un'amica le parla di un concerto in un qualche teatro milanese. sorrido, porte che si chiudono dietro di me.
un bel po' di anni fa avevo scritto qualche riga su questa strana ragnatela sotterranea...

Veder scorrere uno sciame di vite
nell'atmosfera assonata.
sei un viaggiatore
ma privato
della tua identità,
truffato dall'aroma di zefiro
che
ingannevole
danza nell'aria.

Incrociare centinaia di occhi
- provare a sorridere,
ridere -
sperando di lasciare una
traccia.
una tela
tessuta
sottoterra
diventa trappola letale per chi ha
paura del tempo,

[squallido inganno al sole]

domenica 16 marzo 2008

perdersi

l'altro giorno mia mamma lodava ad occhi sgranati l'esistenza del navigatore satellitare che, in effetti, l'ha condotta sana e salva fino a torino (e ha permesso al gatto di mia sorella di ricevere le migliori cure dell'universo). "ma ti dice lui quando devi girare!!" . eh già. quale invenzione. una mano elettronica che ti conduce in ogni antro finora sconosciuto senza farti temere nulla, perchè LUI SA, sa dove devi andare, e soprattutto, sa come ricondurti a casa. c'è da fidarsi, insomma.
più tardi ho pensato alle migliaia di volte in cui mi sono persa in strade sconosciute, in posti sconosciuti, di giorno, di notte, con sole o temporale a benedire quei viaggi, con accanto qualcuno che non si stanchi di dipingere qua e là un sorriso. ho apprezzato le mille risate fatte nel tentativo di ritrovare la via di casa, le piccole grida di gioia, di illusione del "stavolta ci siamo, me lo sento", i cartelli che si contraddicono facendoti intendere che il posto che cerchi non esiste, la benzina che sembra essere sempre troppo poca, la stanchezza che aumenta in proporzione, le indicazioni chieste vergognandosi un po' a personaggi folli che camminano per strada (e ti chiedi, chissà se loro una meta ce l'hanno, se hanno qualcuno da cui stanno tornando, o qualcosa da cui scappare, e allora forse ci stanno solo chiedendo di poter venire con noi, dove ancora non lo so.). e in tutto ciò magari ci scappa anche un ricordo, come, che ne so, in lontananza il colosseo illuminato di notte.

(i romani sì che avevano capito tutto in fatto di punti fermi.)

giovedì 13 marzo 2008

condanna al silenzio

l'ultimo post di jacopo e un rapido calcolo sull'intermezzo temporale che spesso trascorre tra un mio post e il successivo mi ha portato a pensare, oltre al "ruolo" che ognuno associa al proprio blog, ai propri "scritti" per essere più generici, al modo in cui si sceglie di dar loro una forma. e non al modo... stilistico, grammaticale, intendo...
dopo la generazione x, noi, la generazione ipod (sì perchè siamo ahimè già stati soppiantati dalla generazione iphone), abbiamo: un blog, spesso e volentieri. uno o più telefoni cellulari coi quali possiamo interagire con amici e nemici vicinissimi e lontanissimi, snocciolando perle di saggezza o semplici lamentele. un moleskine, quel rettangolo nero tanto poetico che rimbalza nelle nostre borse e zaini e affronta tanti chilometri quanti ne facciamo noi. vecchia carta da lettere, o fogli bianchi rubati alla stampante, sui quali veder scorrere inchiostro invece di pixel. una macchina fotografica, che trasformi in colori e contrasti la poesia che ci incanta davanti agli occhi. un lettore mp3, che scelga per noi la colonna sonora dei nostri momenti.
e via dicendo. condanna al silenzio e ai pensieri solitari, non fermati e imprigionati, lasciati nascere crescere e svanire così come sono, nella bolla del nostro io.
mi capita, prima di addormentarmi, di venire avvolta da un'immagine che in qualche modo mi piacerebbe trascrivere. ma lasciandola scivolare nei sogni, so di riportarla alla sua vera aria.

giovedì 28 febbraio 2008

vorrei riuscire a guardare con i tuoi occhi

sono un po'... stordita e sorpresa dalla ripresa dei corsi universitari, dalla sveglia alle sette, dai chilometri un po' grigi tra i campi, dai fogli su fogli di appunti veloci. essenzialmente, piuttosto persa nella mia camera piena di frammenti colorati e vuota di sorrisi da un momento all'altro, sorrisi volati via insieme ad un aereo, dico.
prima spulciavo in vecchie cartelle del computer e semplicemente constatavo che negli ultimi anni le cose più importanti della mia vita si sono sviluppate attorno ad un computer e una connessione internet e un programma di instant messaging. un tempo l'avrei trovato squallido. ma so di poter ancora distinguere tra una lettera scritta a mano e scambi veloci di battute di pixel, quindi, tutto sommato, il mondo non va poi così male come sembra.

vorrei riuscire a guardare con i tuoi occhi …
con i tuoi occhi
con i tuoi occhi
farmi guidare da te
restarti accanto
farmi guardare da te
(carmen consoli - diversi)

mercoledì 20 febbraio 2008

mercoledìventifebbraioduemilaeotto

.cronologia.di.pensieri.

ore 00.18: beh, sì effettivamente avrei potuto bere un bicchiere di vino in meno.
ore 06.16: la mia sveglia fa questo suono? sì? è la mia davvero? ma siamo sicuri?!
ore 06.41: questa è una giornata da velvet undergound. yeah. almeno questo.
ore 07.12: elisa, elisa, elisa. occhi sbrillucicosi.
ore 08.32: (respira.)
ore 08.37: ora me ne frego e mi metto a ballare "beginning to see the light". sì. in mezzo alla strada. e chissene.
ore 09.08: queste sono tre pazze. e le adoro. cappuccino e brioche, grazie. cappuccino col cacao, certo. brioche con la crema.
ore 09.18: annullata, no anzi, solo rimandata, la gioia di vedere il sorriso di elisa.
ore 09.26: oh-mio-dio-che-male-che-male-che-male.
ore 10.17: arrivo io, stella. arrivo io, non ti preoccupare. arrivo. andrà tutto bene.
ore 11.00: ecco, forse, 160 è un po' eccessivo. rallentiamo.
ore 12.03: ahhhhh. ora inchiodo e mi metto a piangere. genova non è stata progettata per gli automobilisti. salire, salire. dolore.
ore 12.50: sto mangiando dei fagottini ripieni di pesto. vicoli, mare non troppo lontano, quasisole. un sorriso enorme davanti. ecco perché questi chilometri. ecco perché.
ore 14.32: sofia, sapienza. quack quack. miao. caffeina. miao. quack quack!
ore 16.55: "quando non so dove sono io mi sento a casa / quando non so con chi sono mi sento in compagnia"... viaggio... pianura che ricompare lentamente.
ore 18.15: quasicasa. dolore. cerchiamo un altro caffè per favore, altri sorrisi, altro tempo per stare insieme mentre fuori è buio.
ore 19.05: parole ad alta voce in mezzo alla strada, tentare di spiegare l'inspiegabile, sapere di non potere, non dovere cambiare le cose. le persone. ricomporsi e tornare ad aspettare.
ore 20.48: bisogno di distanze mentali.
ore 21.24: bisogno di lamentarsi.
ore 22.13: bisogno che questa giornata finisca qui. 'notte.

lunedì 18 febbraio 2008

affondando il cucchiaino nella torta sacher.

affondando il cucchiaino nella torta sacher. una delle poche cose che riesca a sollevarmi da questi giorni di sigarette fumate al freddo polare oppure davanti ad un tè caldo (un rifugio senza le quattro mura intorno). guardo il cellulare muto. momenti in cui sembra di tornare indietro, piuttosto che andare avanti. e chiedersi a cosa serve. capita a tutti di fare la parte della vittima, no?

mercoledì 13 febbraio 2008

eddie vedder, society, into the wild OST


oh, it's a mystery to me
we have a greed with which we have agreed
and you think you have to want more than you need
until you have it all you won't be free

society, you're a crazy breed
hope you're not lonely without me...

when you want more than you have
you think you need...
and when you think more than you want
your thoughts begin to bleed
i think i need to find a bigger place
because when you have more than you think
you need more space

society, you're a crazy breed
hope you're not lonely without me...
society, crazy indeed
hope you're not lonely without me...

there's those thinking, more-or-less, less is more
but if less is more, how you keeping score?
means for every point you make, your level drops
kinda like you're starting from the top
you can't do that...

society, you're a crazy breed
hope you're not lonely without me...
society, crazy indeed
hope you're not lonely without me...

society, have mercy on me
hope you're not angry if i disagree...
society, crazy indeed
hope you're not lonely without me...

giovedì 7 febbraio 2008

dei viaggi ricordo più le sensazioni che le immagini

dei viaggi ricordo più le sensazioni che le immagini. mi chiedo se per tutti sia così. e forse il bello è proprio questo. sensazioni nette e surreali, di stupore, perdita, attesa e soprattutto l'emozione di mangiare una città, masticandola nelle sue vie, passo dopo passo, nella pioggia di un bicchiere di vino. di luoghi non ne so a memoria. preferisco le persone, per leggere tra i loro sguardi e i loro piedi quello che sanno dare e ricevere ogni momento. per sbirciare nei loro zaini alla ricerca di un segreto che si portano dietro come un bagaglio qualsiasi, da farsi rubare. le fotografie, poi, le uso come tutti per incastrare i momenti tra quattro angoli retti. per questo fatico ad esserne oggetto, perchè non mi vedo in un riquadro. le attese spesso mi rendono felice: è come rubare del tempo inaspettato, creato dalle circostanze. sono le attese che spesso mi permettono di guardare il mondo, anche tra le pagine di un libro. che mi permettono di disegnare un sentimento finora sfocato. sotto un cielo straniero, riesco sempre a sentirmi a casa. così, quando non trovo pace, cerco su altre strade la mia strada.

sabato 26 gennaio 2008

échecs

ricordo la sensazione di perfetta armonia di una scacchiera appoggiata su un tavolo di legno in un giardino che con le sue mura vuole tenere lontano il grido di parigi città. un'immagine di tempo immobile, e inflessibile. l'idea di una sfida che è un gioco, dell'attesa che è riflessione accurata. come se aspettare fosse amore, e amore, aspettare.


mercoledì 16 gennaio 2008

quando si è vergine

quando si è vergine si pensa che tutti gli amori sono possibili, poi d'improvviso uno cancella gli altri mai venuti. diventare donne porta questa semplificazione, un vento che si abbatte sopra una fioritura e lascia un fiore solo. tutta l'immensità di prima precipita in un abbraccio.
[erri de luca - in nome della madre]

lunedì 7 gennaio 2008

mi ricordo il colore delle scarpe che indossavo

mi ricordo il colore delle scarpe che indossavo, troppo scomode, e quella stupida sensazione per colpa della quale non riuscivo a prenderti per mano, nonostante il freddo, il silenzio, e il poco tempo che ci restava.
mi ricordo che anche io tremavo e che non c'è stato bisogno di aggrapparsi a dei sogni ma soltanto di realizzare che la realtà era molto meglio, perchè aveva una Consistenza.
mi ricordo la stessa voglia di fuggire in un altro posto per poter disegnare con più sicurezza il proprio destino, e dalla curva della propria vita cancellare le sbavature e colmare i buchi d'amore.
mi ricordo di quell'estate il profumo della pineta, anche se ancora non sapevo quanto fosse bello, e le giornate così lunghe quando si è piccoli e i giochi riempiono le ore, e il poter dire di no senza giustificare, e le persone che ancora sorridevano.