mercoledì 22 ottobre 2008

non pagheremo noi la vostra crisi

c'è qualcosa che io da maledetta letterata, no, io da maledetta persona, non saprò accettare mai, ed è la riduzione della cultura a mera sfaccettatura economica di questo paese. la patata bollente di una finanziaria. per questo l'idea che sia stata scritta una legge come la 133 (una legge che viene chiamata Riforma, ma una riforma non dovrebbe puntare al futuro?; definizione dal dizionario De Mauro: "il riformare; modifica, trasformazione di uno stato di cose, di un’istituzione, di un ordinamento ecc. allo scopo di migliorarli"), secondo una quantomeno buffa collaborazione tra tremonti e gelmini, mi fa rabbrividire. mi taglia il respiro e raffredda le mani in un autunno ancora caldo.
pavia, la città intorpidita, si muove verso un lento risveglio. gli studenti escono dalle loro tane, quando qualcuno dà fuoco a questi rifugi. anche i più timidi e disinformati ormai non possono fare a meno di sapere ciò che sta succendo in italia, e chiedersi, "ma a noi?". e scoprire che quando nessuno vuole farsi portare via la propria libertà, i propri naturali diritti di istruzione, non resta che urlarlo addosso a coloro che avete votato, illusi di riempirvi le tasche. ma i soldi che vi danno in un mano, non sono altri che quelli che vi hanno tolto a manciate dall'altra mano, quella che non guardate mai.

NON PAGHEREMO NOI LA VOSTRA CRISI.


lo dico a chiare lettere come lo scrivono in caratteri maiuscoli in ogni cartello, ad ogni angolo di strada, in ogni chiostro. "prostituzione di cervelli": in questi giorni movimentati non ho sentito una definizione migliore di quello che ci stanno facendo, privandoci degli elementi base per continuare a studiare, a capire, a diventare degli adulti consapevoli, a coltivare un senso critico che possa farci dire No, quando serve. quando ti mettono un guinzaglio, per esempio. ma c'è anche chi sa abbaiare, per una razione doppia di cibo.
e tutto quello che so dire è che l'altro giorno all'assemblea studentesca non facevano altro che passarmi brividi da un punto all'altro della spina dorsale, perchè mi guardavo intorno e vedevo occhi sbarrati, non davanti alla televisione ma increduli di fronte a persone che parlano di una verità malvagia, irreversibilmente amara, ma con l'ottimismo di chi non usa manganelli ma parole.



giovedì 16 ottobre 2008

e se sapessi cosa succede

faccio appena in tempo, mentre percorro corso garibaldi, ad assaporare la sensazione di appartenere nuovamente ad una città che avevo messo un po' in un angolo, faccio appena in tempo a rendermi conto di esserci dentro, fagocitarla e farmi fagocitare, quando succede qualcosa che mi provoca solo del vomito, abbondante vomito.

(scritta accanto all'entrata del liceo classico foscolo, a pavia)

ma cosa succede alle nostre scuole?
ma cosa succede alle nostre città?
e a noi, cosa succede?

martedì 7 ottobre 2008

ci voglio mettere molto in quel gesto

salgo sul 3 in piazza della vittoria, diretta alla stazione, si riempie in dieci secondi e mi ritrovo particolarmente schiacciata contro un vetro dell'autobus, mentre cerco di tenermi attaccata con una mano alla sbarra e con l'altra alla valigia in modo che ferisca i piedi di meno passeggeri possibili. un signore seduto, lo vedo già che vuole attaccare bottone, trova solo me, iniziamo a parlare discutendo del fatto che proprio non si può, stare così schiacciati, che a quest'ora di solito proprio non c'è nessuno, e non piove nemmeno, oggi!, figuriamoci se piovesse... e poi mi chiede cosa studio, dove sto andando, commenta il mio piercing sorridendo, mi dice lei signorina si vede che è una brava ragazza, una hippie!, io rido, e poi studia lettere certo, glielo si legge in faccia... e tutto il fracasso delle chiacchiere intorno e delle ruote sui sampietrini si placa nella mia testa, quando mi parla di scarpe fatte di cartone e di spago, e poi un secondo dopo siamo ad auschwitz, ha 7 anni, con la pelle delle sue sorelle trucidate (tre) i nazisti hanno fatto qualcosa, mi dice che cosa ma io lo rimuovo subito, per sopravvivere, mi dice che gli fa piacere incontrare persone come me perchè io assomiglio alle sue sorelle, quella dolcezza infrangibile che lui riconosce nella folla. quasi non mi accorgo ma siamo arrivati alla fermata di fronte alla stazione, saranno passati solo dieci minuti ma è stato come un viaggio intero, la maggior parte dei passeggeri scende e noi con loro, sul marciapiede ci fermiamo e mi chiede se può offrirmi qualcosa, non so un caffè un succo una brioche, io ho il cuore colmo di tenerezza che da qualche parte devo versare, gli chiedo scusa ma rischio di perdere il treno, devo proprio andare, gli stringo la mano, lo faccio con energia, davvero, ci voglio mettere molto in quel gesto, e sfodero un sorriso veramente pieno, che quantomeno riesca ad abbracciarlo, poi mi allontano, e mi volto un'ultima volta.

"e lei s'abbandona alla corrente della lettura come all'unico atto di vita possibile in un mondo in cui non resta che sabbia arida su strati di bitume oleoso e rischio di morte per ragion di Stato e spartizione di fonti d'energia..."
[italo calvino, se una notte d'inverno un viaggiatore]

sabato 4 ottobre 2008

tratti infinitesimali

si rischia di avere stralci di cuore un po' ovunque, ad un certo punto, e non si parla solo di luoghi differenti ma anche di tempi che ti trattengono un po', o sogni che ti spingono da dentro. come dividere la propria personalità in tratti infinitesimali. si finisce col perderla?
la mia lista di vorrei si riduce ad un punto solo:
avere più tempo per fare, avere meno tempo da aspettare.