sabato 29 novembre 2008

le petit prince


toutes le grandes personnes ant d'abord été des enfants.

è che la neve rende tutto incredibilmente silenzioso. ed è facile lasciare tracce e poi voltarsi e vederle cancellate, secondo dopo secondo, da una natura testarda e non contraddittoria.

(c'è chi poi si fa logorare dalla propria città, e forse non averla, una propria città, fa in modo che la matassa si sbrogli più facilmente)


lunedì 17 novembre 2008

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i titoli dei giornali parlano di crisi. le trasmissioni parlano di crisi. la satira parla di crisi. le vignette parlano di crisi. io parlo di crisi, davanti un caffè con le mie amiche e poi con sconosciuti che diventeranno compagni di viaggio e di lotta e di disillusioni e risate e speranze. parlo di crisi con adulti e con persone più piccole e con parole che imparo a conoscere ma in modo istintivo, bestiale. e se perdo lucidità è solo perchè provo a non farmi scivolare nulla addosso; soprattutto se si tratta di veleno.
e poi c'è una crisi più intima, personale, epidermica, come una fastidiosa orticaria sulla pelle ti sveglia di notte e ti lascia insicura nei sogni e nelle idee. delusa nei modi d'essere e di fare. limitata nei gesti e nelle esplosioni di pianto.
questo post inizia quando sono in coda all'esselunga affollata di giovedì sera, con nel cestello gli ingredienti per i panini vegetariani che preparerò con tanto amore poco più tardi, prima di partire; inizia quando una signora alla cassa accanto continua con noncuranza a mettere la sua spesa sul rullo mentre un signore anziano dietro di lei tiene in mano un quaderno, e solo quello deve pagare; lo notiamo tutti, per cinque minuti immobile e in fila come tutti, ma è l'unico a non essere spazientito dal rumore assordante e dalla radio e dall'altoparlante e dalle chiacchiere vuote. qualcuno scuote la testa, dice "per un quaderno...", poi lo fa notare alla signora davanti, impegnata a tirare fuori una tra mille carte di credito. lei si gira e sbatte le ciglia truccate e chiede alzando la testa e la voce più del dovuto "vuole mica passare?". lui si apre in un sorriso che non è amaro, ma consapevole, e dice "non ho fretta". io sogno che su quel quaderno vengano scritti ricordi di una vita allo zucchero filato.
il post prosegue in un messaggio di greta che mi scrive in maiuscolo "CHE BELLO RACHY STIAMO ANDANDO A ROMA A FARE QUALCOSA PER IL NOSTRO FUTURO", in un viaggio infinito su un pullman lungo mezzo stivale, in un'alba sulle colline del nord del lazio, tra le urla e il sole e gli occhi stanchi, e con un libro chiuso inondato di lacrime e scelte che diventano non-scelte.
e poi si conclude tracciando una linea sulla corda del tempo che ci lascia in mano il potere di diventare quello che vorremo essere, domani e dopo ancora,
da soli
o tra le dita di chi colora la nostra vita.

lunedì 3 novembre 2008

se saprà di pioggia o di sconfitta non lo so

se saprà di pioggia o di sconfitta non lo so.
o forse saprà di tutti e due, questo autunninverno che amo e poi odio e poi odio nuovamente. le stagioni non sono altro che persone e luoghi, e noi stessi per come ci guardiamo intorno. le nuvole piene d'acqua non sono altro che contenitori di infelicità, mi chiedo se starei meglio se il cemento fosse arancione, oppure se arriverei ad odiare anche quello.
un mal di stomaco del genere non mi veniva dalla seconda media e ricordo bene perchè ne soffrii, a quei tempi. ma non posso morire d'insofferenza, e questo devo essere io a capirlo, io sola.