mercoledì 15 dicembre 2010

pezzi

pezzi di ciò che amo in un giorno qualsiasi di dicembre:

sfrecciare col treno in mezzo a infiniti prati colmi di brina ghiacciata, in un mondo bianchissimo dove la natura là sotto sta riposando.
il duomo di milano illuminato che si staglia orgoglioso contro un limpidissimo cielo blu notte.
indossare un cappello così stupido da far sorridere le persone per strada.
indossare una gonna alla quale è cucita addosso una storia sconosciuta.
confezionare regali dolci.
avere idee.

venerdì 29 ottobre 2010

dove il cielo è già lavanda

dentro quella palla di fuoco e fiamme che ancora ci ostiniamo a chiamare sole, ti vedo come l'uomo vitruviano, solo che con meno gambe. lontano a sufficienza per non bruciarti, ma vicino abbastanza per scompigliare l'erba dei prati con le tue mani. non c'è strada che porti già dove vorrai arrivare e non c'è edificio bianco come vorresti tu: sbagliamo sempre, noi, ed è un lavoro a tempo pieno. non esiste uno spray isolante da usare per farci meno male, meno bene, siamo lenzuoli bianchi stesi ad asciugare sui tetti nel centro di shangai e non passa un minuto senza che veniamo affumicati da quello smog nero che ci vendono al mercato come carbone e nei distributori automatici, sciolto, lo beviamo e sa di petrolio.
non è il momento di essere infelici perchè il tramonto è dopotutto l'alba di un nuovo giorno per qualcuno un po' oltre l'orizzonte - basta crederci davvero e saremmo meno egoisti col nostro tempo; insomma tu ti guardi intorno e spezzi il ramo gelido di un pioppo rinsecchito e lo usi come stuzzicadenti, come se fosse la cosa più normale del mondo. faccio in tempo a distrarmi perchè poco più in là, dove il cielo è già lavanda, si alza ciondolando una mongolfiera, non vedo i colori ma controluce distinguo nettamente il contorno e mi sembra di intravvedere -ma forse sto solo inventando pescando dai miei desideri- la capigliatura riccia di un bambino alto poco più di un metro e un disco in vinile. penso di scattare una fotografia ma poi non saprei a chi mostrarla, rinuncio. allora metto le mani dentro la terra già fredda, prima una poi l'altra, più a fondo. allora tu, senza nemmeno aspettare che la canzone finisca, prendi il tuo ramo-stuzzicadenti e buchi quel pallone d'aria calda.

giovedì 14 ottobre 2010

andare incontro ad una città sconosciuta


andare incontro ad una città sconosciuta è come presentarsi ad un appuntamento al buio. lo stesso mal di pancia da affrontare. la scelta degli abiti, delle scarpe giuste. identico è il timore di venire delusi dopo qualche minuto di conversazione e quello - ancora peggiore - di poter cadere ai suoi piedi troppo in fretta, gettando nel fuoco una ritrovata falsa stabilità. ingenuo è chi crede di poter controllare una reazione / le pupille dilatate, i battiti delle ciglia, le mani che scorrono nervose sui fianchi / come chi crede d'altronde di poter costruire una relazione ad un solo senso: da una città devi soprattutto imparare a farti amare, per non restare soltanto una pedina di plastica gialla a squagliarsi sui marciapiedi.
così penso a barcellona, qualche ora prima di partire.
penso all'odore che può avere e a che ritmo respirerà.
di che verde saranno le foglie dei suoi alberi e se ci saranno per strada fontanelle d'acqua pubblica.
è una città sulla quale tutti hanno qualcosa da dire e che proprio per questo motivo ho deciso di non provare ad immaginare - l'unico desiderio che ho è che sia per me una cascata di colori.



" E' delle città come dei sogni: tutto l'immaginabile può essere sognato ma anche il sogno più inatteso è un rebus che nasconde un desiderio, oppure il suo rovescio, una paura.
Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure, anche se il filo del loro discorso è segreto, le loro regole assurde, le prospettive ingannevoli, e ogni cosa ne nasconde un'altra. "
( le città invisibili - italo calvino )

domenica 18 luglio 2010

il cielo


Da qui si doveva cominciare: il cielo.
Finestra senza davanzale, telaio, vetri.
Un'apertura e nulla più,
ma spalancata.

Non devo attendere una notte serena,
né alzare la testa,
per osservare il cielo.
L'ho dietro a me, sottomano e sulle palpebre.
Il cielo mi avvolge ermeticamente
e mi solleva dal basso.

Perfino le montagne più alte
non sono più vicine al cielo
delle valli più profonde.
In nessun luogo ce n'è più
che in un altro.
La nuvola è schiacciata dal cielo
inesorabilmente come la tomba.
La talpa è al settimo cielo
come il gufo che scuote le ali.
La cosa che cade in un abisso
cade da cielo a cielo.

Friabili, fluenti, rocciosi,
infuocati e aerei,
distese di cielo, briciole di cielo,
folate e cumuli di cielo.
Il cielo è onnipresente
perfino nel buio sotto la pelle.

Mangio cielo, evacuo cielo.
Sono una trappola in trappola,
un abitante abitato,
un abbraccio abbracciato,
una domanda in risposta a una domanda.

La divisione in cielo e terra
non è il modo appropriato
di pensare a questa totalità.
Permette solo di sopravvivere
a un indirizzo più esatto,
più facile da trovare,
se dovessero cercarmi.
Miei segni particolari:
incanto e disperazione.

da "Vista con granello di sabbia" di Wislawa Szymborska

mercoledì 14 luglio 2010

l'indispensabile

insomma, so che passerò il mio ventitreesimo compleanno ad istanbul, è già qualcosa.
poi, so che "questi 6 euro li dobbiamo risparmiare, che ci mangiamo non una ma TRE volte!" [.cit]
- che devo imparare a convincermi che l'indispensabile è ancora meno di quanto uno pensi; insomma, cominciare a togliere invece di aggiungere, perchè dopotutto in ogni angolo di mondo c'è un mercato dove comprare cipolle e patate.

lunedì 28 giugno 2010

cut / cut / cut

le donne con i capelli corti sono molto più pericolose.
non hanno un posto in cui nascondersi.
ma
- e dico ma
riescono anche a guardarsi intorno più chiaramente.

lunedì 21 giugno 2010

il peso della farfalla

molti modi ci sono per diventare grandi.
così uno crede che quel gradino sia segnato dal primo viaggio da soli oppure dal primo bacio, dall'ordinare un negroni, fare la maturità, passare la notte fuori.
il mio modo è stato adesso piangere la notte sapendone scrivere i perchè, poi partorire un attesa di diverse ore fuori da una sala operatoria dalle porte verde militare. sfogliando il catalogo ikea per immaginare incastri lucidi e perfetti, lenzuola pulite e profumate di nuovo.
per il resto, si aspetta affacciati alla finestra macchiata di pioggia, mangiando gallette di mais e bevendo estatè.
il peso della farfalla è quel qualcosa che spezza i cuori a metà ed erri de luca mi ricorda che può nascondersi ovunque.

Chi è ferito e non cade, ma continua ad andare
A sbattersi nel buio e a farsi vedere
A sanguinare di nascosto e a pagare da bere
(cardiologia, francesco de gregori)

giovedì 10 giugno 2010

haiku pt. 7

tingo di caffè
i nostri addii e
le mie pareti.

lunedì 31 maggio 2010

8 minuti

quando la gente scorge il mio tatuaggio e mi chiede di riflesso 'suoni uno strumento?', è difficile rispondere che no, ora come ora non suono nessuno strumento. ha tutto un altro senso, non immediato, non definito, soltanto mio e dell'inchiostro dentro la pelle.
ogni tanto quel senso profondo riaffiora e dura molto più degli 8 minuti spesi da Luciano a colorarmi di nero un pezzettino di pelle, qualche anno fa.
sabato sera ho passato una ventina di minuti in piedi appoggiata ad un cancello ad ascoltare suonare in acustico due quinti dei Brahaman; erano seduti in un vicolo buio a versarsi a vicenda bicchieri su bicchieri di sangue di giuda, separati tra loro da un tavolino instabile con su una abat-jour scassata e una maschera rossa rubata al carnevale veneziano. manuel agnelli era ad un metro da me e li ascoltava con la stessa attenzione e un sorriso molto simile al mio, tenendo il ritmo con le dita contro la ringhiera. tutta questa semplicità in uno spazio tanto ristretto mi ha resa felice.
alla fin fine questo è il senso: la musica è la sola cosa che non smetterà mai di sorprendermi.

mercoledì 19 maggio 2010

la corona di ofelia

i semi dei pioppi come soffioni si adagiano sulle acque dei navigli, come elettrizzati rimangono lì sospesi senza annegare -senza volare- semplicemente raddoppiandosi nello specchio delle acque. a vederli potrebbero essere i fiori persi dalla corona di ofelia o le lacrime piumose di qualche gigante buono fatto di nuvole. un tramonto qualunque si sdoppia nel canale come due spicchi di arancia candita. dolce fino alla nausea è questo walzer lontano, o forse solo immaginato, che voi due ballate stanchi sul marciapiede della troppa onestà.
hilary swank mi fa piangere per l'ennesima volta forse perchè gli amori difficili sono i soli che mi sembra di conoscere e le lotte non vinte sono le sole che mi sembra di aver combattuto.
normalità diventa così canticchiare mr tambourine man intanto che le rane attraversano la strada per andare da una risaia all'altra (e io rallento per dar loro la precedenza)

giovedì 29 aprile 2010

tempi

stamattina a lezione di francese si parlava di marocco e algeria. di deserti e oasi, di donne e scrittrici coraggiose, di colonialismo. mordendomi il labbro inferiore ho ricordato i mille dettagli del viaggio di mio papà - a volte, e dico a volte, spero di aver preso da lui quel pizzico di follia.

davanti al caffè dopo pranzo ero semplicemente felice di essere lì - i chiostri all'ombra, il glicine, i sassi rotondi sotto i piedi che fanno male - tutto era al suo posto, nel mio primo vero giorno di primavera.

sotto un salice piangente sulla sponda del ticino mi sono accovacciata intorno alle quattro e ho visto scorrere più parole che acqua, ma più acqua che lacrime, per fortuna. il fiume lento e largo, l'amica per la quale nessuna metafora è mai abbastanza, fili d'erba intrecciati a fare anelli improvvisati, che durano minuti sull'anulare destro ma secoli nei nostri pensieri.

stanotte guardo una luna limpida e sfacciata, getto le illusioni in una tazza di tè verde e le sciolgo insieme ad un cucchiaio di miele.

venerdì 16 aprile 2010

milano

ricomincio ad amare milano nel momento in cui meno me l'aspetto. funziona sempre così. quando ti sei stancato dei locali pieni di persone perfettine, di ragazze sempre su tacchi vertiginosi, di una birra a prezzo disumano, di guidatori arroganti e del cielo lontano e irraggiungibile, beh, qualcosa ricomincia a battere. nella città inizi a vederci vita - basta un angolo giusto, qualche colore azzardato, un albero dove ti aspetteresti solo cemento.
i tram mi faranno sempre sorridere, così fuori luogo nel loro essere vintage e meravigliosamente lenti. veder correre le persone, invece di camminare, non mi dà più fastidio: inizio a credere che sia semplicemente il respiro della città. le luci ai piani alti non si spengono mai, e puoi sempre sbirciare le ombre allungate dietro le tende al terzo piano. un lampadario costoso, una figura nascosta, la notte che non sembra finire.i vetri rotti per terra nemmeno li vedi se non ti fanno sanguinare i piedi. la metropolitana non ha più odore ma soltanto luci surreali. i suoni li tieni distanti, soltanto le risate lontane rimbalzano contro le pareti e ti fanno il solletico dietro le orecchie.
domani, milano, continuerai a non avere sonno.


venerdì 9 aprile 2010

contrasti

penso di scrivere un post ma poi non ho idee. e allora mi fermo. perchè è assurdo scrivere qualcosa partendo dal niente. eppure.

la libreria alla mia sinistra sta scoppiando e più scoppia e più si allunga a dismisura la lista dei libri che voglio leggere - ho sentito dire da qualcuno che chi si rifugia nei libri non è in grado di vivere appieno, nel reale, la propria vita. non posso che essere in disaccordo mentre guardandomi indietro vedo in loro come un insieme di esperienze, antenati, radici: un'eredità immensa e discreta, stampata nero su bianco e rilegata in quell'insieme variopinto di copertine. ci trovo dentro quello che non so leggere in me: contrasti, come il cinismo di Beigbeder messo accanto alla musicalità di Baricco.
leggere, così come viaggiare, rischia spesso di rendere intolleranti al proprio microcosmo. aprirsi a nuovi mondi aumenta a dismisura il rischio di sottolineare i difetti del proprio ma -e qui dovrebbe stare il rovescio della medaglia- è anche il solo modo di combattere la miopia dell'ignoranza. non c'è fare senza prima immaginare. lo ripeterò dentro di me sognando un viaggio senza capo nè coda, un picnic, un futuro, prima di ogni manifestazione, di ogni angolo di via, di ogni scatto, guardando un quadro, una farfalla, una cascata, ridendo di una follia, di un rancore, dei destini incrociati.


venerdì 26 marzo 2010

haiku pt. 6

come nuvola
dove tu mi vorrai vedere
io corro

lunedì 22 marzo 2010

guido verso casa

guido verso casa, coi tergicristalli che invece di pulire il vetro lo sporcano. il cd, de le luci della centrale elettrica, mi ricorda che ho più di vent'anni e che vivo nel cemento. io sono più fortunata, vivo metà nel cemento e metà nei campi. ogni mattina mi sveglio e posso decidere da che parte stare. teoricamente.
c'è poi sentir il parlare di sogni, di prospettive, di ricette. una torta del colore e della consistenza di una spugna per lavare i piatti. la stanchezza come veleno. incolore e meraviglioso.
le zampe del mio gatto che premono lettere a caso sulla tastiera, beh, mi salveranno la vita.

martedì 16 febbraio 2010

del tuo dolore non si muore


io piango e tu non sai perchè.

tu piangi e io non so perchè.


troppo dolore, tutto in un solo dannato scompartimento. c'è talmente tanta vicinanza che non c'è bisogno di parlarci, rinchiuse in noi stesse come in una stanza senza finestre. anche i respiri si possono contare.
non ci sono vie d'uscita, in questi chilometri di viaggio. non c'è modo di spegnere la luce, di fare silenzio. siamo come statue di sale in mezzo ad un traffico incessante. scambi di parole e di cibo non ci danno pace. non è questa la c o n s i s t e n z a che cerchiamo.
ma tu, nei tuoi occhi neri come la pece, almeno hai un motivo di nasconderti. senza un libro, senza un cellulare da controllare ogni minuto, senza crackers distrutti da sgranocchiare per tenersi occupati, in cerca di briciole.
dalle cuffie del ragazzo di fianco a te - che ha un terrore fottuto di sfiorarti, e per questo ha silenaziosamente messo tra di voi il suo cappotto verde militare - distingui chiaramente una musica sanguigna, dal ritmo sudamericano. neanche il pensiero di terre calde e remote riesce a smuovere la tua maschera di cera.
non hai sorrisi nè espressioni di sdegno, per nessuno. i tuoi gesti, più che essere automatici, sono troppo grandi per te, come se avessi la paura di venirne tradita - come se al posto tuo potessero parlare e scaraventarti a terra.

i tuoi occhi dicono che del tuo dolore non si muore. me ne convinco mentre scrivi a penna su un foglio in una lingua che non è la tua. la c o n c e n t r a z i o n e è il tuo modo di distrarti. così, la bionda di fronte a te non potrà in nessun modo renderti vulnerabile, nonostante il suo ridicolo tentativo di interpretare la tua scrittura in senso inverso.
del tuo dolore non si muore.

del mio, non so.
vorrei sapere cosa ti dicono i miei occhi, sbarrati, intenti a contare le goccioline di pioggia che sbattono sul vetro sporco e danzano tra loro e si uniscono, si dividono, si asciugano.
ma lo sai benissimo che questo è solo un gioco tra noi. giochiamo a renderci immuni dai nostri cuori, buttandone brandelli sopra queste rotaie.

venerdì 12 febbraio 2010

haiku pt. 5

tra i ciliegi
mordi le labbra rosse,
distrattamente.

martedì 2 febbraio 2010

cielo blu

ti ho aspettato, cielo blu, perchè non posso aspettare altro uscendo dalla biblioteca alle sei e mezza, con la forza soltanto di alzare la testa e cercare quel colore ad occhinsù. ti ho aspettato cielo blu perchè non vedevo le stelle da un po', e stasera mi sono sembrate spilli di solletico pronte a brillare sulla tua coperta di riflessi di seta. cielo blu che è cocktail di colori non mischiati, non ti fai nemmeno fotografare geloso come sei dell'azzurroblu che indossi, e che ti togli con discrezione solo quando arriva un secchio di vernice nera a fare notte, ma senza paura.
torna domani, cielo blu, e il giorno dopo ancora.

giovedì 28 gennaio 2010

it may seem like a stretch

la ricetta di una torta, un enorme papavero disegnato sui muri, un libro nuovo, una filastrocca, un cappuccino scuro, battere per tre volte uno contro l'altro i tacchi delle Scarpette d'Argento.

lunedì 18 gennaio 2010

haiku pt. 4

un foglio bianco
o questa tregua dolce,
suolo di nebbia.

sabato 9 gennaio 2010

haiku pt. 3

guardo la porta chiusa
- tu non ci sei
la luna esplode.