sabato 30 aprile 2011

piombo

per alcuni mesi durante la scuola media ho sofferto di una gastrite ("cronica": l'aggettivo che tutti i medici appiccicano a qualcosa che non sanno esattamente come curare); ricordo che mi aveva letteralmente intontito mancare da scuola per settimane, in un periodo così delicato nel quale si va alla ricerca della propria individualità in mezzo al gruppo (in mezzo al nulla, direi ora). era inoltre probabilmente la prima volta in cui mi ritrovavo responsabile di gestire il mio corpo attraverso un dolore fisico, perlopiù insensato e difficilmente descrivibile. come sempre il modo migliore che avevo per descriverlo era attraverso una metafora e in particolare parlavo di questo pugno di piombo all'altezza dello stomacoche non mollava mai la presa.
alle superiori mi ha tenuto invece compagnia per più di due inverni la sinusite ("cronica" anch'essa, bien sûr), essenzialmente qualcosa da cui è difficile avere tregua se non nel sonno. serate di pentole d'acqua bollente e camomilla e asciugamani caldi sulla fronte. quello che sentivo e che cercavo di spiegare ai miei genitori, invocando tranquillità (invocando attenzione, direi ora), era che una pesante biglia di piombo aveva deciso di crescere nella mia fronte all'altezza degli occhi, e si spostava lentamente e dolorosamente ad ogni movimento della testa.
adesso il chiodo che sento è dalle parti del cuore e, se fosse una malattia, sarebbe certamente curabile. se fosse una metafora, sarebbe un proiettile di piombo. con un dolore si impara a convivere mi dicono (non credo, dico ora - ma tutti ci sentiamo speciali in questo campo).

mi fermo, e mi sembra che qualcosa per una volta abbia un senso compiuto: quando da adolescente vivevo di pancia, di soli istinti e ribellioni, ne soffrivo. poi il tempo è passato e ho iniziato a vivere di testa, soppesando sulla bilancia azioni, relazioni, emozioni; anche in quel caso mi è andata male. ora che è scoperta la sola cosa che ho tentato di proteggere, il cuore, non mi resta altro che bruciare lì.

domenica 10 aprile 2011

c'è un conto alla rovescia per ogni settimana

venerdì mattina mi sono alzata, ho preso la bicicletta e sono uscita sotto un sole cocente a comprare il fatto quotidiano, per poi leggerlo seduta sotto un pesco in fiore. ho preso il treno e sono andata in centro a milano per ridere perdutamente con un amico importante, tornando a casa con una gonna piena di fiori, come una firma in calce al contratto con questa inaspettata primavera. abbiamo cenato a gambe incrociate guardando il cielo diventare blu notte sopra la facciata della Scala. la sera ho visto vasco brondi esagerare con le chitarre e le luci colorate, farmi muovere i piedi e le labbra a seguire stralci di poesie come preghiere solitarie.
e le comete come te.
sabato mattina ho preso il treno per genova e alla stazione di pavia è arrivato il sole vero, quello con gli occhi verdi e repubblica sotto il braccio. c'è stata la focaccia, i vicoli, due vestiti uguali e diversi quanto noi, il mare, il vino bianco - regalarci tempo per non perderlo, far scivolare maschere per tornare a interpretare noi stesse.
che poi non parti davvero finchè semini sassi sul sentiero che ti porta via da te.
domenica mattina ho impastato la focaccia e infornato 12 muffins al cioccolato, di cui uno pronto per una candelina azzurra colma di desideri. tra tovaglie a stampa con ribes e trifogli ho ritrovato legami annodati, e pochi dubbi su dove appoggiare le piante dei piedi.