martedì 29 aprile 2008

notte forte scura brillante

e così mi viene da ridere perchè mi, anzi no, Ci, aspettano tanti, tantissimi chilometri "rotolando verso sud", su un treno scassato, carrozza 6 posto 66, cioè: il diavolo. meno male che non sono scaramantica. aspetto quel momento grazie alle energie scatenate dal weekend passato, in cui gli amici che conti sulle dita di una mano si trovano attorno ad un tavolo e lasciano sotto il cuscino le preoccupazioni e le bolle di dolore, contando solo sulla forza di gesti semplici come l'amarsi per come siamo. e poi un pomeriggio al sole e alla pianura di sempre e una notte scura forte brillante allo stesso tempo, condita da vino e trucco pesante.
momenti in cui viene facile guardarsi allo specchio. vedere un gatto sorridere. non piangere al check-in. le tue amiche davanti ad un caffè macchiato e sapere che non saremo mai più innamorate di come lo siamo ora, e per questo possiamo essere folli, soffrire di nostalgie immotivate, perderci in dolori inconsolabili, saltare in una pozzanghera.
cerco un modo di pescare immagini dalla memoria. provo per gioco a farlo su flickr, ma con calma. la stessa di chi si diverte a immergere la mano nelle tempere colorate.

venerdì 18 aprile 2008

siamo dentro a un labirinto

avrei voluto scrivere qualcosa riguardo alle elezioni, avrei potuto parlare di delusione, di soffocamento, di incredulità. sgomento post-elettorale. forse chi più ama l'italia finisce col farsi del male.
mi sono venute in mente queste parole di stefano benni... una mente geniale e libera come poche in circolazione.

“ siamo dentro a un labirinto. possiamo solo accorgerci che ci sono strade cieche e chiuse, e cercarne altre. forse non vedremo mai l'uscita. ma possiamo ogni volta imparare qualcosa. eppure spesso l'avventuroso cammino degli uomini si ferma. la mosca pensa che la bottiglia è l'unico mondo, il pesce si dibatte e impreca, teseo continua a percorrere la stessa cieca strada. Cosa temono, cosa li trattiene dallo sperare e dall'avventurarsi? ebbene, hanno paura delle molte strade, delle differenze. qual è il rumore del futuro per costoro? il breve rumore di questa bomba, e il lungo silenzio che ne seguirà. ”
[ achille piè veloce - stefano benni ]

venerdì 11 aprile 2008

mi piace sentire la forza di un'ala che si apre

dopo una mattinata di quelle atroci, da tragicommedia, mi ritrovo a rabbrividire mentre salgo i gradini a due a due, semplicemente brividi per questa canzone pescata a caso dall'ipod, per versi lontani che si fanno improvvisamente immagine, e da immagine, sensazione

a volte succede qualcosa di dolce e fatale
come svegliarsi e trovare la neve
o come quel giorno che lei mi sorrise
ma senza voltarsi e fuggire
vederla venirmi vicino fu quasi morire
trovare per caso il destino
e non sapere che dire.
ma invece fu lei a parlare
"mi piace guardare la faccia nascosta del sole
vedere che in fondo si muove
dormire distesa su un letto di viole" mi disse
"e a te cosa piace?"
"mi piace sentire la forza di un'ala che si apre
volare lontano
sentirmi rapace, capace di dirti ti amo
aspettiamola insieme l'estate"

[daniele silvestri - l'autostrada]

martedì 8 aprile 2008

fliegender elefant

e se mi sentissi un po' così?

mercoledì 26 marzo 2008

metropolitana

la metropolitana di milano è un luogo strano, un mondo a sè con proprie regole e paesaggi di gomma nera e odore di freni bruciati. essendo troppo raffreddata per poter immergermi nella lettura di benni, come sempre finisco col fissare le scarpe delle quattro donne sedute davanti a me. e dalle scarpe immagino prima destinazioni, poi motivazioni, sensazioni, vite. quella ragazza per esempio indossa stivali di pelle costosi ed una borsa estremamente in tinta, è ben truccata, ma si nasconde dietro uno di quei quotidiani gratuiti distribuiti in centro. quella di fianco è lei è più giovane, porta dei grossi occhiali da sole anche quaggiù, occhiali griffati che stonano con le scarpe da tennis consumate (l'ha fatto apposta?). ancora più in là, vedo una signora sulla quarantina che sfoglia un mensile per donne, infastidita dal volume del lettore mp3 della ragazza precedente. scarpe nere, anonime, tacco basso perchè non le facciano male i piedi tra dieci minuti. scelta saggia. per ultima, una ragazza alla quale non so dare un'età, capeli corti biondo cenere, è un po' robusta e indossa questa fantastica gonna lunga, rosa chiaro, e sopra un giubbotto di pelle. mi soffermo su di lei e ci vedo una cantante. poco prima di scendere alla mia fermata, un'amica le parla di un concerto in un qualche teatro milanese. sorrido, porte che si chiudono dietro di me.
un bel po' di anni fa avevo scritto qualche riga su questa strana ragnatela sotterranea...

Veder scorrere uno sciame di vite
nell'atmosfera assonata.
sei un viaggiatore
ma privato
della tua identità,
truffato dall'aroma di zefiro
che
ingannevole
danza nell'aria.

Incrociare centinaia di occhi
- provare a sorridere,
ridere -
sperando di lasciare una
traccia.
una tela
tessuta
sottoterra
diventa trappola letale per chi ha
paura del tempo,

[squallido inganno al sole]

domenica 16 marzo 2008

perdersi

l'altro giorno mia mamma lodava ad occhi sgranati l'esistenza del navigatore satellitare che, in effetti, l'ha condotta sana e salva fino a torino (e ha permesso al gatto di mia sorella di ricevere le migliori cure dell'universo). "ma ti dice lui quando devi girare!!" . eh già. quale invenzione. una mano elettronica che ti conduce in ogni antro finora sconosciuto senza farti temere nulla, perchè LUI SA, sa dove devi andare, e soprattutto, sa come ricondurti a casa. c'è da fidarsi, insomma.
più tardi ho pensato alle migliaia di volte in cui mi sono persa in strade sconosciute, in posti sconosciuti, di giorno, di notte, con sole o temporale a benedire quei viaggi, con accanto qualcuno che non si stanchi di dipingere qua e là un sorriso. ho apprezzato le mille risate fatte nel tentativo di ritrovare la via di casa, le piccole grida di gioia, di illusione del "stavolta ci siamo, me lo sento", i cartelli che si contraddicono facendoti intendere che il posto che cerchi non esiste, la benzina che sembra essere sempre troppo poca, la stanchezza che aumenta in proporzione, le indicazioni chieste vergognandosi un po' a personaggi folli che camminano per strada (e ti chiedi, chissà se loro una meta ce l'hanno, se hanno qualcuno da cui stanno tornando, o qualcosa da cui scappare, e allora forse ci stanno solo chiedendo di poter venire con noi, dove ancora non lo so.). e in tutto ciò magari ci scappa anche un ricordo, come, che ne so, in lontananza il colosseo illuminato di notte.

(i romani sì che avevano capito tutto in fatto di punti fermi.)

giovedì 13 marzo 2008

condanna al silenzio

l'ultimo post di jacopo e un rapido calcolo sull'intermezzo temporale che spesso trascorre tra un mio post e il successivo mi ha portato a pensare, oltre al "ruolo" che ognuno associa al proprio blog, ai propri "scritti" per essere più generici, al modo in cui si sceglie di dar loro una forma. e non al modo... stilistico, grammaticale, intendo...
dopo la generazione x, noi, la generazione ipod (sì perchè siamo ahimè già stati soppiantati dalla generazione iphone), abbiamo: un blog, spesso e volentieri. uno o più telefoni cellulari coi quali possiamo interagire con amici e nemici vicinissimi e lontanissimi, snocciolando perle di saggezza o semplici lamentele. un moleskine, quel rettangolo nero tanto poetico che rimbalza nelle nostre borse e zaini e affronta tanti chilometri quanti ne facciamo noi. vecchia carta da lettere, o fogli bianchi rubati alla stampante, sui quali veder scorrere inchiostro invece di pixel. una macchina fotografica, che trasformi in colori e contrasti la poesia che ci incanta davanti agli occhi. un lettore mp3, che scelga per noi la colonna sonora dei nostri momenti.
e via dicendo. condanna al silenzio e ai pensieri solitari, non fermati e imprigionati, lasciati nascere crescere e svanire così come sono, nella bolla del nostro io.
mi capita, prima di addormentarmi, di venire avvolta da un'immagine che in qualche modo mi piacerebbe trascrivere. ma lasciandola scivolare nei sogni, so di riportarla alla sua vera aria.

giovedì 28 febbraio 2008

vorrei riuscire a guardare con i tuoi occhi

sono un po'... stordita e sorpresa dalla ripresa dei corsi universitari, dalla sveglia alle sette, dai chilometri un po' grigi tra i campi, dai fogli su fogli di appunti veloci. essenzialmente, piuttosto persa nella mia camera piena di frammenti colorati e vuota di sorrisi da un momento all'altro, sorrisi volati via insieme ad un aereo, dico.
prima spulciavo in vecchie cartelle del computer e semplicemente constatavo che negli ultimi anni le cose più importanti della mia vita si sono sviluppate attorno ad un computer e una connessione internet e un programma di instant messaging. un tempo l'avrei trovato squallido. ma so di poter ancora distinguere tra una lettera scritta a mano e scambi veloci di battute di pixel, quindi, tutto sommato, il mondo non va poi così male come sembra.

vorrei riuscire a guardare con i tuoi occhi …
con i tuoi occhi
con i tuoi occhi
farmi guidare da te
restarti accanto
farmi guardare da te
(carmen consoli - diversi)

mercoledì 20 febbraio 2008

mercoledìventifebbraioduemilaeotto

.cronologia.di.pensieri.

ore 00.18: beh, sì effettivamente avrei potuto bere un bicchiere di vino in meno.
ore 06.16: la mia sveglia fa questo suono? sì? è la mia davvero? ma siamo sicuri?!
ore 06.41: questa è una giornata da velvet undergound. yeah. almeno questo.
ore 07.12: elisa, elisa, elisa. occhi sbrillucicosi.
ore 08.32: (respira.)
ore 08.37: ora me ne frego e mi metto a ballare "beginning to see the light". sì. in mezzo alla strada. e chissene.
ore 09.08: queste sono tre pazze. e le adoro. cappuccino e brioche, grazie. cappuccino col cacao, certo. brioche con la crema.
ore 09.18: annullata, no anzi, solo rimandata, la gioia di vedere il sorriso di elisa.
ore 09.26: oh-mio-dio-che-male-che-male-che-male.
ore 10.17: arrivo io, stella. arrivo io, non ti preoccupare. arrivo. andrà tutto bene.
ore 11.00: ecco, forse, 160 è un po' eccessivo. rallentiamo.
ore 12.03: ahhhhh. ora inchiodo e mi metto a piangere. genova non è stata progettata per gli automobilisti. salire, salire. dolore.
ore 12.50: sto mangiando dei fagottini ripieni di pesto. vicoli, mare non troppo lontano, quasisole. un sorriso enorme davanti. ecco perché questi chilometri. ecco perché.
ore 14.32: sofia, sapienza. quack quack. miao. caffeina. miao. quack quack!
ore 16.55: "quando non so dove sono io mi sento a casa / quando non so con chi sono mi sento in compagnia"... viaggio... pianura che ricompare lentamente.
ore 18.15: quasicasa. dolore. cerchiamo un altro caffè per favore, altri sorrisi, altro tempo per stare insieme mentre fuori è buio.
ore 19.05: parole ad alta voce in mezzo alla strada, tentare di spiegare l'inspiegabile, sapere di non potere, non dovere cambiare le cose. le persone. ricomporsi e tornare ad aspettare.
ore 20.48: bisogno di distanze mentali.
ore 21.24: bisogno di lamentarsi.
ore 22.13: bisogno che questa giornata finisca qui. 'notte.

lunedì 18 febbraio 2008

affondando il cucchiaino nella torta sacher.

affondando il cucchiaino nella torta sacher. una delle poche cose che riesca a sollevarmi da questi giorni di sigarette fumate al freddo polare oppure davanti ad un tè caldo (un rifugio senza le quattro mura intorno). guardo il cellulare muto. momenti in cui sembra di tornare indietro, piuttosto che andare avanti. e chiedersi a cosa serve. capita a tutti di fare la parte della vittima, no?

mercoledì 13 febbraio 2008

eddie vedder, society, into the wild OST


oh, it's a mystery to me
we have a greed with which we have agreed
and you think you have to want more than you need
until you have it all you won't be free

society, you're a crazy breed
hope you're not lonely without me...

when you want more than you have
you think you need...
and when you think more than you want
your thoughts begin to bleed
i think i need to find a bigger place
because when you have more than you think
you need more space

society, you're a crazy breed
hope you're not lonely without me...
society, crazy indeed
hope you're not lonely without me...

there's those thinking, more-or-less, less is more
but if less is more, how you keeping score?
means for every point you make, your level drops
kinda like you're starting from the top
you can't do that...

society, you're a crazy breed
hope you're not lonely without me...
society, crazy indeed
hope you're not lonely without me...

society, have mercy on me
hope you're not angry if i disagree...
society, crazy indeed
hope you're not lonely without me...

giovedì 7 febbraio 2008

dei viaggi ricordo più le sensazioni che le immagini

dei viaggi ricordo più le sensazioni che le immagini. mi chiedo se per tutti sia così. e forse il bello è proprio questo. sensazioni nette e surreali, di stupore, perdita, attesa e soprattutto l'emozione di mangiare una città, masticandola nelle sue vie, passo dopo passo, nella pioggia di un bicchiere di vino. di luoghi non ne so a memoria. preferisco le persone, per leggere tra i loro sguardi e i loro piedi quello che sanno dare e ricevere ogni momento. per sbirciare nei loro zaini alla ricerca di un segreto che si portano dietro come un bagaglio qualsiasi, da farsi rubare. le fotografie, poi, le uso come tutti per incastrare i momenti tra quattro angoli retti. per questo fatico ad esserne oggetto, perchè non mi vedo in un riquadro. le attese spesso mi rendono felice: è come rubare del tempo inaspettato, creato dalle circostanze. sono le attese che spesso mi permettono di guardare il mondo, anche tra le pagine di un libro. che mi permettono di disegnare un sentimento finora sfocato. sotto un cielo straniero, riesco sempre a sentirmi a casa. così, quando non trovo pace, cerco su altre strade la mia strada.

sabato 26 gennaio 2008

échecs

ricordo la sensazione di perfetta armonia di una scacchiera appoggiata su un tavolo di legno in un giardino che con le sue mura vuole tenere lontano il grido di parigi città. un'immagine di tempo immobile, e inflessibile. l'idea di una sfida che è un gioco, dell'attesa che è riflessione accurata. come se aspettare fosse amore, e amore, aspettare.


mercoledì 16 gennaio 2008

quando si è vergine

quando si è vergine si pensa che tutti gli amori sono possibili, poi d'improvviso uno cancella gli altri mai venuti. diventare donne porta questa semplificazione, un vento che si abbatte sopra una fioritura e lascia un fiore solo. tutta l'immensità di prima precipita in un abbraccio.
[erri de luca - in nome della madre]

lunedì 7 gennaio 2008

mi ricordo il colore delle scarpe che indossavo

mi ricordo il colore delle scarpe che indossavo, troppo scomode, e quella stupida sensazione per colpa della quale non riuscivo a prenderti per mano, nonostante il freddo, il silenzio, e il poco tempo che ci restava.
mi ricordo che anche io tremavo e che non c'è stato bisogno di aggrapparsi a dei sogni ma soltanto di realizzare che la realtà era molto meglio, perchè aveva una Consistenza.
mi ricordo la stessa voglia di fuggire in un altro posto per poter disegnare con più sicurezza il proprio destino, e dalla curva della propria vita cancellare le sbavature e colmare i buchi d'amore.
mi ricordo di quell'estate il profumo della pineta, anche se ancora non sapevo quanto fosse bello, e le giornate così lunghe quando si è piccoli e i giochi riempiono le ore, e il poter dire di no senza giustificare, e le persone che ancora sorridevano.