giovedì 25 dicembre 2008

hide and seek

e quando me lo immaginavo lo pensavo diverso, tutto qua, illusa com'ero di possedere una solida corazza alla quale appoggiarmi, e nessuno spazio ormai per occhi lucidi e acciaio nelle vene. disegno tre stelle sul muro a matita, le mie tre stelle: una a pavia, l'altra a genova, l'altra all'aprica. come possono delle amicizie dare tanto calore?, anche a questa distanza, in questo freddo di immobilità. non c'è niente da urlare niente da spiegare. basta esserci e ascoltare.
meno male che filippo timi ha scritto solo due libri finora, altrimenti mi farebbe troppo male, la sua sincerità; un uomo così, c'è da venerarlo o detestarlo, nessuna via di mezzo. a parlare di donne si rischia sempre di dire troppo poco. lui, con una punteggiatura tagliente, fa quasi paura nel suo descrivermi. non c'è niente da urlare niente da spiegare. basta piangere e ascoltare.
se fossi una canzone in questo momento, sarei hide and seek di imogen heap.
Blood and Tears
They were here first.

sabato 13 dicembre 2008

you must have fallen from the sky

potessi spiegarvi con una scia di luce
quello che provo girando l'ultima pagina di eva luna
alle due nella notte di luci artificiali dell'aeroporto di madrid barajas
provando a fermare la sensazione che provo guardandoti

dormire
ridere
mangiare
sbadigliare
pensare
sbuffare
(you must have fallen from the sky
you must have come here in the pouring rain)

se non ho le risposte, forse è perchè pongo io male le domande?

sabato 29 novembre 2008

le petit prince


toutes le grandes personnes ant d'abord été des enfants.

è che la neve rende tutto incredibilmente silenzioso. ed è facile lasciare tracce e poi voltarsi e vederle cancellate, secondo dopo secondo, da una natura testarda e non contraddittoria.

(c'è chi poi si fa logorare dalla propria città, e forse non averla, una propria città, fa in modo che la matassa si sbrogli più facilmente)


lunedì 17 novembre 2008

ctrl-alt-canc

i titoli dei giornali parlano di crisi. le trasmissioni parlano di crisi. la satira parla di crisi. le vignette parlano di crisi. io parlo di crisi, davanti un caffè con le mie amiche e poi con sconosciuti che diventeranno compagni di viaggio e di lotta e di disillusioni e risate e speranze. parlo di crisi con adulti e con persone più piccole e con parole che imparo a conoscere ma in modo istintivo, bestiale. e se perdo lucidità è solo perchè provo a non farmi scivolare nulla addosso; soprattutto se si tratta di veleno.
e poi c'è una crisi più intima, personale, epidermica, come una fastidiosa orticaria sulla pelle ti sveglia di notte e ti lascia insicura nei sogni e nelle idee. delusa nei modi d'essere e di fare. limitata nei gesti e nelle esplosioni di pianto.
questo post inizia quando sono in coda all'esselunga affollata di giovedì sera, con nel cestello gli ingredienti per i panini vegetariani che preparerò con tanto amore poco più tardi, prima di partire; inizia quando una signora alla cassa accanto continua con noncuranza a mettere la sua spesa sul rullo mentre un signore anziano dietro di lei tiene in mano un quaderno, e solo quello deve pagare; lo notiamo tutti, per cinque minuti immobile e in fila come tutti, ma è l'unico a non essere spazientito dal rumore assordante e dalla radio e dall'altoparlante e dalle chiacchiere vuote. qualcuno scuote la testa, dice "per un quaderno...", poi lo fa notare alla signora davanti, impegnata a tirare fuori una tra mille carte di credito. lei si gira e sbatte le ciglia truccate e chiede alzando la testa e la voce più del dovuto "vuole mica passare?". lui si apre in un sorriso che non è amaro, ma consapevole, e dice "non ho fretta". io sogno che su quel quaderno vengano scritti ricordi di una vita allo zucchero filato.
il post prosegue in un messaggio di greta che mi scrive in maiuscolo "CHE BELLO RACHY STIAMO ANDANDO A ROMA A FARE QUALCOSA PER IL NOSTRO FUTURO", in un viaggio infinito su un pullman lungo mezzo stivale, in un'alba sulle colline del nord del lazio, tra le urla e il sole e gli occhi stanchi, e con un libro chiuso inondato di lacrime e scelte che diventano non-scelte.
e poi si conclude tracciando una linea sulla corda del tempo che ci lascia in mano il potere di diventare quello che vorremo essere, domani e dopo ancora,
da soli
o tra le dita di chi colora la nostra vita.

lunedì 3 novembre 2008

se saprà di pioggia o di sconfitta non lo so

se saprà di pioggia o di sconfitta non lo so.
o forse saprà di tutti e due, questo autunninverno che amo e poi odio e poi odio nuovamente. le stagioni non sono altro che persone e luoghi, e noi stessi per come ci guardiamo intorno. le nuvole piene d'acqua non sono altro che contenitori di infelicità, mi chiedo se starei meglio se il cemento fosse arancione, oppure se arriverei ad odiare anche quello.
un mal di stomaco del genere non mi veniva dalla seconda media e ricordo bene perchè ne soffrii, a quei tempi. ma non posso morire d'insofferenza, e questo devo essere io a capirlo, io sola.

mercoledì 22 ottobre 2008

non pagheremo noi la vostra crisi

c'è qualcosa che io da maledetta letterata, no, io da maledetta persona, non saprò accettare mai, ed è la riduzione della cultura a mera sfaccettatura economica di questo paese. la patata bollente di una finanziaria. per questo l'idea che sia stata scritta una legge come la 133 (una legge che viene chiamata Riforma, ma una riforma non dovrebbe puntare al futuro?; definizione dal dizionario De Mauro: "il riformare; modifica, trasformazione di uno stato di cose, di un’istituzione, di un ordinamento ecc. allo scopo di migliorarli"), secondo una quantomeno buffa collaborazione tra tremonti e gelmini, mi fa rabbrividire. mi taglia il respiro e raffredda le mani in un autunno ancora caldo.
pavia, la città intorpidita, si muove verso un lento risveglio. gli studenti escono dalle loro tane, quando qualcuno dà fuoco a questi rifugi. anche i più timidi e disinformati ormai non possono fare a meno di sapere ciò che sta succendo in italia, e chiedersi, "ma a noi?". e scoprire che quando nessuno vuole farsi portare via la propria libertà, i propri naturali diritti di istruzione, non resta che urlarlo addosso a coloro che avete votato, illusi di riempirvi le tasche. ma i soldi che vi danno in un mano, non sono altri che quelli che vi hanno tolto a manciate dall'altra mano, quella che non guardate mai.

NON PAGHEREMO NOI LA VOSTRA CRISI.


lo dico a chiare lettere come lo scrivono in caratteri maiuscoli in ogni cartello, ad ogni angolo di strada, in ogni chiostro. "prostituzione di cervelli": in questi giorni movimentati non ho sentito una definizione migliore di quello che ci stanno facendo, privandoci degli elementi base per continuare a studiare, a capire, a diventare degli adulti consapevoli, a coltivare un senso critico che possa farci dire No, quando serve. quando ti mettono un guinzaglio, per esempio. ma c'è anche chi sa abbaiare, per una razione doppia di cibo.
e tutto quello che so dire è che l'altro giorno all'assemblea studentesca non facevano altro che passarmi brividi da un punto all'altro della spina dorsale, perchè mi guardavo intorno e vedevo occhi sbarrati, non davanti alla televisione ma increduli di fronte a persone che parlano di una verità malvagia, irreversibilmente amara, ma con l'ottimismo di chi non usa manganelli ma parole.



giovedì 16 ottobre 2008

e se sapessi cosa succede

faccio appena in tempo, mentre percorro corso garibaldi, ad assaporare la sensazione di appartenere nuovamente ad una città che avevo messo un po' in un angolo, faccio appena in tempo a rendermi conto di esserci dentro, fagocitarla e farmi fagocitare, quando succede qualcosa che mi provoca solo del vomito, abbondante vomito.

(scritta accanto all'entrata del liceo classico foscolo, a pavia)

ma cosa succede alle nostre scuole?
ma cosa succede alle nostre città?
e a noi, cosa succede?

martedì 7 ottobre 2008

ci voglio mettere molto in quel gesto

salgo sul 3 in piazza della vittoria, diretta alla stazione, si riempie in dieci secondi e mi ritrovo particolarmente schiacciata contro un vetro dell'autobus, mentre cerco di tenermi attaccata con una mano alla sbarra e con l'altra alla valigia in modo che ferisca i piedi di meno passeggeri possibili. un signore seduto, lo vedo già che vuole attaccare bottone, trova solo me, iniziamo a parlare discutendo del fatto che proprio non si può, stare così schiacciati, che a quest'ora di solito proprio non c'è nessuno, e non piove nemmeno, oggi!, figuriamoci se piovesse... e poi mi chiede cosa studio, dove sto andando, commenta il mio piercing sorridendo, mi dice lei signorina si vede che è una brava ragazza, una hippie!, io rido, e poi studia lettere certo, glielo si legge in faccia... e tutto il fracasso delle chiacchiere intorno e delle ruote sui sampietrini si placa nella mia testa, quando mi parla di scarpe fatte di cartone e di spago, e poi un secondo dopo siamo ad auschwitz, ha 7 anni, con la pelle delle sue sorelle trucidate (tre) i nazisti hanno fatto qualcosa, mi dice che cosa ma io lo rimuovo subito, per sopravvivere, mi dice che gli fa piacere incontrare persone come me perchè io assomiglio alle sue sorelle, quella dolcezza infrangibile che lui riconosce nella folla. quasi non mi accorgo ma siamo arrivati alla fermata di fronte alla stazione, saranno passati solo dieci minuti ma è stato come un viaggio intero, la maggior parte dei passeggeri scende e noi con loro, sul marciapiede ci fermiamo e mi chiede se può offrirmi qualcosa, non so un caffè un succo una brioche, io ho il cuore colmo di tenerezza che da qualche parte devo versare, gli chiedo scusa ma rischio di perdere il treno, devo proprio andare, gli stringo la mano, lo faccio con energia, davvero, ci voglio mettere molto in quel gesto, e sfodero un sorriso veramente pieno, che quantomeno riesca ad abbracciarlo, poi mi allontano, e mi volto un'ultima volta.

"e lei s'abbandona alla corrente della lettura come all'unico atto di vita possibile in un mondo in cui non resta che sabbia arida su strati di bitume oleoso e rischio di morte per ragion di Stato e spartizione di fonti d'energia..."
[italo calvino, se una notte d'inverno un viaggiatore]

sabato 4 ottobre 2008

tratti infinitesimali

si rischia di avere stralci di cuore un po' ovunque, ad un certo punto, e non si parla solo di luoghi differenti ma anche di tempi che ti trattengono un po', o sogni che ti spingono da dentro. come dividere la propria personalità in tratti infinitesimali. si finisce col perderla?
la mia lista di vorrei si riduce ad un punto solo:
avere più tempo per fare, avere meno tempo da aspettare.

giovedì 18 settembre 2008

chiavi, cuori

che si gioca per vincere e chi vince è perduto
con una chiave ed un numero in mano
tutta la notte aspettare un saluto
e a pensare: “ti amo”
[ francesco de gregori : cardiologia ]




mercoledì 10 settembre 2008

avere stima di sè o fare finta di niente

mi assista il giusto o mi salvi il dubbio, decidere ora… no
insano sapere che cosa fare, avere fretta e restare a letto per ore ed ore.
cos’è il giusto, qual è il dubbio, il suo beneficio
avere stima di sé o fare finta di niente, dormire dormire dormire dormire
[ malfunk : il dubbio ]


tamburello con le dita sulle mie indecisioni, aspetto una risata profonda, e trovo aggettivi per le donne della mia vita. potreste far diventare specchi queste quattro mura, li prenderei a pugni, ma ugualmente continuerei a non vedermi.

giovedì 4 settembre 2008

come una primavera al contrario

è normale che a settembre capiti che tutto ciò che hai si sgretoli, senza neanche preoccuparsi di fare poco rumore. come una primavera al contrario. e oltre ai gesti - tua madre che tra una telefonata e l'altra ti spiega cosa riscaldare per cena, perchè se c'è una cosa che ti insegnano in questa famiglia è che bisogna prima di tutto occuparsi degli altri, anzi no, sacrificarsi suona meglio, qui si impazzisce ma per ascoltare tutti, consolare tutti, far sì che il mondo si addormenti serenamente; dover scrivere un sms a tuo padre per dirgli di non fare tardi al lavoro stasera; spulciare negli archivi lontani di un blog che senti improvvisamente come una scheggia nel petto e una vecchia coperta chiusa in un armadio, contemporaneamente; aver voglia di imparare, ma lontano dai libri ; fare attenzione a non vagare per strada con gli occhi troppo lucidi - anche le parole risuonano senza senso, come una pillola indorata per deglutirla meglio, perchè dai, nessuno davvero ti potrà mai dire che sei l'unica a sentirti così irrequieta, nemmeno instabile (sarebbe dopotutto una condizione come un'altra, l'instabilità), irrequieta.
e forse ti manca il teatro, forse ti mancano quei caffè rituali, forse ti mancano le persone intorno, un bicchiere di martini, o forse semplicemente una chiacchierata, di quelle che ti lasciano inebriata fino al giorno dopo.
smaltisco le mie conclusioni in un gesto simbolico, rapido e meravigliosamente irreparabile: taglio i capelli, che da sempre coltivano i dolori più radicati.

mercoledì 3 settembre 2008

c'è chi mi regala sogni

mio fratello mentre siamo in auto tenta di spiegarmi perchè le bottiglie di vino è meglio tenerle "sdraiate", dice il vino deve respirare insieme a ciò che lo circonda, dice proprio così.

poi. c'è gente da vedere, liste da spuntare, libri da imparare, una valigia da sistemare, singhiozzi da asciugare, urla da soffocare trattenendo il fiato.

e poi c'è chi mi regala sogni, e per questo tengo qua accanto una guida lonely planet di madrid che profuma di nuovo, per imparare a crederci.


" La promessa di esotici futuri mi è sempre parsa il perfetto antidoto alle delusioni del presente."
[ i figli della mezzanotte - salman rushdie ]

venerdì 22 agosto 2008

tanti auguri a me.

tanti auguri a me.

a ventun anni mi rendo conto che l'etichetta di Donna (nonostante i capelli lunghi o una riga di trucco sotto gli occhi) nessuno te l'affibbierà da un giorno all'altro, se non sarai tu a farlo da sola (meglio così, la tengo lontana ancora un altro po', giusto il tempo di abituarcisi.). e che più che cambiare quel che ormai sono, posso cambiare le prospettive, stare in ascolto, svegliandomi e stando meno peggio con me stessa, ma di giorno in giorno; che è la strada a rendere una meta straordinaria, così come la fatica e la tensione fanno piovere argento su un fallimento. che importa più chi ti vede bella, che esserlo davvero. ed avere sempre tempo per aspettare che smetta di piovere, e compaia il sole dietro la prima nuvola, è qualcosa che non si può barattare.


ciò che ci resta
è quello che basta
senza pesare parole e suoni
ritmi e canzoni
sogni e illusioni
e le delusioni

[ciò che ci resta : cristiano de andrè]

e ora cheesecake per tutti!

martedì 19 agosto 2008

situazioni nitide

situazioni nitide come ripercorrere in bicicletta una strada che fai da quando sei nata ti portano alla mente nuove considerazioni. per esempio, sul respiro della pianura qua attorno, che permette alla vista di fuggire senza scampo. sul profumo del naviglio, che non è di fiume, non è di lago, non è di mare. una muraglia di campi di grano si staglia prima sulla sinistra, poi sulla destra, e ti ci viene come sempre voglia di nasconderti, il giorno in cui troverai il coraggio lo vedi lontano. le salite sono minuscole, in confronto a come le affrontavi da bambina, prendendo la rincorsa per centinaia di metri. più avanti, gli anziani sono gli unici che ancora stanno ore con la canna da pesca in mano, e i piedi a mollo, insieme ai cani che si immergono scrollandosi di dosso quest'afa pomeridiana. ci sono salici piangenti che accarezzano lo scorrere del canale, e i rumori delle auto che rimangono indietro, in una bolla remota. e poi fermarsi a leggere di fianco all'abbazia, e aspettare che il sole ti cali addosso, con la confusa impressione che quel tempo che cola con la lentezza della resina da un pino ti stia allontanando da qualcuno e avvicinando a qualcun altro.