mercoledì 8 aprile 2009

scorro su repubblica.it le foto di volti che hanno perso tutto. lo faccio non per esorcizzare la paura, non per masochismo, non per eccesso di solidarietà. lo faccio, egoisticamente, per ricordare in primis a me stessa quanto ho e quanto do per scontato di avere. se c'è Qualcuno lassù che muove i nostri fili, beh, credo che li abbia intrecciati un po' troppo sbadatamente, o forse no, nella consapevolezza che ci avrebbe aiutato almeno nel tempo del dolore a guardare tutto con altri occhi. ora mi sembra incredibile poter pensare di stringere tra poche ore la persona che amo, e aspettare mi pare un sollievo. mi sembra incredibile innamorarmi di un luogo che per ora non esiste se non nella mia testa. è impensabile poter progettare qualcosa che non sia per domani, domani, sempre domani.
mi concedo almeno un momento di pensieri spazzati via, prima che la sabbia torni a farmi prudere gli occhi. perchè una volta sfogliati i giornali, concluse le edizioni straordinarie, chiuso mozilla, la cicatrice che ci resterà addosso sarà sempre troppo invisibile. siamo noi, gli italiani che dimenticano. e che per questo non possono dare futuro ad una nuova generazione. pessimismo cosmico come ghigliottina della staticità.
non ho immagini, mi sono innamorata di un'immagine.
non ho ricordi, mi sono innamorata di un ricordo.

torno a sentirmi in colpa per ogni respiro che faccio. non mi succedeva da un po'.

a te, l'aquila, che ho amato nei sogni prima ancora di vedere, lascio un pezzo di cuore, un dolore che non riesco ad elaborare, ma tu ne sei troppo carica per poterlo sopportare.

venerdì 13 marzo 2009

non so niente

di politica
di fotografia
di terra bruciata
di arte
di fame
di un fiume pulito
di vecchi vinili
di polvere
di cave di tufo
dei sogni che passano in testa alla gente

mio padre mi dice che, quando è uscito da casa sua, non aveva in tasca nemmeno un soldo, ha lasciato pure la sua bicicletta. e che ha lavorato per mangiare un piatto di minestra la sera, e per potermi dare un'istruzione.
gli dico che con una laurea in lettere non ci farò comunque niente.
mi dice che si può sempre coltivare la terra.

stanotte sognerò di coltivare carciofi e zucche giganti e poi di leggere erri de luca, la sera, con le mani distrutte.

lunedì 9 febbraio 2009

ti aspettavo all'ora del tè

dove sei, tranquillità?, che a lungo ti ho cercata ma forse ti eri persa nella nebbia in questo inverno senza fine. oggi però non avevi scuse, con tutto questo sole, in pianura senza far fatica ti aspettavo all'ora del tè - e invece sei scomparsa lasciandomi sul davanzale qualcosa che a vent'anni suonati non è ancora facile comprendere. mi hai portato in silenzio un'amica che arriva e ferisce di spalle, come i traditori che sanno di esserlo, e per questo non vogliono vedere in faccia colui che tradiscono.
si chiama cattiveria, e il sangue di queste ferite è sempre più nerastro ad amaro.

mercoledì 4 febbraio 2009

wanna save it?

è strano e squallido pensare che formattare un computer ti porti necessariamente a riconsiderare un tuo pezzo di vita, come riprovare vecchie scarpe che ti stanno troppo strette: non c'è modo di camminarci nuovamente, anche se hai l'impressione di averle amate tanto. decidere di salvare o meno un file, una conversazione, una foto, equivale a quando nel passato si facevano all'aria falò di ricordi, per farli uscire prima materialmente dalla nostra vita in attesa di eliminarli, col tempo, dalla nostra mente. e sarà anche girare la spessa pagina dell'adolescenza, però io certe cose non mi ricordo di averle scritte: di dolori che al momento apparivano senza fine, non ne conservo traccia. amicizie che credevo eterne, si sono perse alla ricerca di un'identità. racconti ai quali ho dedicato mesi, mi appaiono banali capricci da tredicenne. amori che mi stringevano lo stomaco, si sono sciolti a suon di lacrime. e-mail disperate, felici, persuasive, dolci, nere di rabbia o rosse di cuore... pezzi di giornate che mi han fatto diventare così, ma che non mi volto indietro a riguardare, a soppesare.
sorrido per la strana armonia con la quale persone che contavano molto per me sono finite a non salutarmi per strada, mentre piccole scintille di passaggio hanno preso forma e sono diventate contorni che conosco a memoria. sento comunque di averci guadagnato.
formattare un pc ti porta a credere che tutto quello che in un giorno lontano hai considerato come Fondamentale, finirà con l'allontanarsi da te senza farti nemmeno male; e tutto ciò invece che hai lasciato a prender polvere in una scatola, starà lì ad aspettarti, rivelandosi poi, al momento giusto, sorprendente come un paio di scarpette di cristallo che calzano perfettamente.


venerdì 23 gennaio 2009

masticando una lenta attesa


m
asticando una lenta
attesa, metto a fuoco quel
tratto di
te che ancora confonde e stupisce.
e se ad orientarmi non riesco,
osservo, ed in seppia ritraggo un sorriso.

-click.-

mercoledì 7 gennaio 2009

un valzer lento e freddo


il mio nickname nevedimiele prende ispirazione dal ricordo del titolo di una compilation su cassetta che mi spedì margherita una manciata di anni fa. il giorno in cui dal cielo caddero pecore e miele mi diede subito una sensazione definitiva di tranquillità ovattata, di natura sottosopra, di lentezza armonica ma imprecisa. è un'immagine che non si è mai sciolta definitivamente nella mia testa, rimane lì, a mezz'aria, a farmi compagnia, come le favole ben scritte.
oggi stando alla finestra a veder scendere tutta questa neve, e a sentirne le conseguenze, ho provato ad immaginare i fiocchi così leggeri e silenziosi e soffici e cristallini, uno per uno, a cadere in un valzer lento e freddo. ho pensato ad un camino, a una coperta per terra, a tante cose semplici ed importanti che le persone si dimenticano andando di fretta, lavorando cinque giorni a settimana per ubriacarsi un paio di sere.
se singhiozzo prima di dormire è perchè so che la neve si scioglie, diventa poltiglia nerastra, la gente torna ad arrabbiarsi e a suonare il clacson per strada; e perchè c'è qualcosa di me che non so, nascosto sotto tanto candore, e il sole è l'ultimo a scoprirlo.

giovedì 25 dicembre 2008

hide and seek

e quando me lo immaginavo lo pensavo diverso, tutto qua, illusa com'ero di possedere una solida corazza alla quale appoggiarmi, e nessuno spazio ormai per occhi lucidi e acciaio nelle vene. disegno tre stelle sul muro a matita, le mie tre stelle: una a pavia, l'altra a genova, l'altra all'aprica. come possono delle amicizie dare tanto calore?, anche a questa distanza, in questo freddo di immobilità. non c'è niente da urlare niente da spiegare. basta esserci e ascoltare.
meno male che filippo timi ha scritto solo due libri finora, altrimenti mi farebbe troppo male, la sua sincerità; un uomo così, c'è da venerarlo o detestarlo, nessuna via di mezzo. a parlare di donne si rischia sempre di dire troppo poco. lui, con una punteggiatura tagliente, fa quasi paura nel suo descrivermi. non c'è niente da urlare niente da spiegare. basta piangere e ascoltare.
se fossi una canzone in questo momento, sarei hide and seek di imogen heap.
Blood and Tears
They were here first.

sabato 13 dicembre 2008

you must have fallen from the sky

potessi spiegarvi con una scia di luce
quello che provo girando l'ultima pagina di eva luna
alle due nella notte di luci artificiali dell'aeroporto di madrid barajas
provando a fermare la sensazione che provo guardandoti

dormire
ridere
mangiare
sbadigliare
pensare
sbuffare
(you must have fallen from the sky
you must have come here in the pouring rain)

se non ho le risposte, forse è perchè pongo io male le domande?

sabato 29 novembre 2008

le petit prince


toutes le grandes personnes ant d'abord été des enfants.

è che la neve rende tutto incredibilmente silenzioso. ed è facile lasciare tracce e poi voltarsi e vederle cancellate, secondo dopo secondo, da una natura testarda e non contraddittoria.

(c'è chi poi si fa logorare dalla propria città, e forse non averla, una propria città, fa in modo che la matassa si sbrogli più facilmente)


lunedì 17 novembre 2008

ctrl-alt-canc

i titoli dei giornali parlano di crisi. le trasmissioni parlano di crisi. la satira parla di crisi. le vignette parlano di crisi. io parlo di crisi, davanti un caffè con le mie amiche e poi con sconosciuti che diventeranno compagni di viaggio e di lotta e di disillusioni e risate e speranze. parlo di crisi con adulti e con persone più piccole e con parole che imparo a conoscere ma in modo istintivo, bestiale. e se perdo lucidità è solo perchè provo a non farmi scivolare nulla addosso; soprattutto se si tratta di veleno.
e poi c'è una crisi più intima, personale, epidermica, come una fastidiosa orticaria sulla pelle ti sveglia di notte e ti lascia insicura nei sogni e nelle idee. delusa nei modi d'essere e di fare. limitata nei gesti e nelle esplosioni di pianto.
questo post inizia quando sono in coda all'esselunga affollata di giovedì sera, con nel cestello gli ingredienti per i panini vegetariani che preparerò con tanto amore poco più tardi, prima di partire; inizia quando una signora alla cassa accanto continua con noncuranza a mettere la sua spesa sul rullo mentre un signore anziano dietro di lei tiene in mano un quaderno, e solo quello deve pagare; lo notiamo tutti, per cinque minuti immobile e in fila come tutti, ma è l'unico a non essere spazientito dal rumore assordante e dalla radio e dall'altoparlante e dalle chiacchiere vuote. qualcuno scuote la testa, dice "per un quaderno...", poi lo fa notare alla signora davanti, impegnata a tirare fuori una tra mille carte di credito. lei si gira e sbatte le ciglia truccate e chiede alzando la testa e la voce più del dovuto "vuole mica passare?". lui si apre in un sorriso che non è amaro, ma consapevole, e dice "non ho fretta". io sogno che su quel quaderno vengano scritti ricordi di una vita allo zucchero filato.
il post prosegue in un messaggio di greta che mi scrive in maiuscolo "CHE BELLO RACHY STIAMO ANDANDO A ROMA A FARE QUALCOSA PER IL NOSTRO FUTURO", in un viaggio infinito su un pullman lungo mezzo stivale, in un'alba sulle colline del nord del lazio, tra le urla e il sole e gli occhi stanchi, e con un libro chiuso inondato di lacrime e scelte che diventano non-scelte.
e poi si conclude tracciando una linea sulla corda del tempo che ci lascia in mano il potere di diventare quello che vorremo essere, domani e dopo ancora,
da soli
o tra le dita di chi colora la nostra vita.

lunedì 3 novembre 2008

se saprà di pioggia o di sconfitta non lo so

se saprà di pioggia o di sconfitta non lo so.
o forse saprà di tutti e due, questo autunninverno che amo e poi odio e poi odio nuovamente. le stagioni non sono altro che persone e luoghi, e noi stessi per come ci guardiamo intorno. le nuvole piene d'acqua non sono altro che contenitori di infelicità, mi chiedo se starei meglio se il cemento fosse arancione, oppure se arriverei ad odiare anche quello.
un mal di stomaco del genere non mi veniva dalla seconda media e ricordo bene perchè ne soffrii, a quei tempi. ma non posso morire d'insofferenza, e questo devo essere io a capirlo, io sola.

mercoledì 22 ottobre 2008

non pagheremo noi la vostra crisi

c'è qualcosa che io da maledetta letterata, no, io da maledetta persona, non saprò accettare mai, ed è la riduzione della cultura a mera sfaccettatura economica di questo paese. la patata bollente di una finanziaria. per questo l'idea che sia stata scritta una legge come la 133 (una legge che viene chiamata Riforma, ma una riforma non dovrebbe puntare al futuro?; definizione dal dizionario De Mauro: "il riformare; modifica, trasformazione di uno stato di cose, di un’istituzione, di un ordinamento ecc. allo scopo di migliorarli"), secondo una quantomeno buffa collaborazione tra tremonti e gelmini, mi fa rabbrividire. mi taglia il respiro e raffredda le mani in un autunno ancora caldo.
pavia, la città intorpidita, si muove verso un lento risveglio. gli studenti escono dalle loro tane, quando qualcuno dà fuoco a questi rifugi. anche i più timidi e disinformati ormai non possono fare a meno di sapere ciò che sta succendo in italia, e chiedersi, "ma a noi?". e scoprire che quando nessuno vuole farsi portare via la propria libertà, i propri naturali diritti di istruzione, non resta che urlarlo addosso a coloro che avete votato, illusi di riempirvi le tasche. ma i soldi che vi danno in un mano, non sono altri che quelli che vi hanno tolto a manciate dall'altra mano, quella che non guardate mai.

NON PAGHEREMO NOI LA VOSTRA CRISI.


lo dico a chiare lettere come lo scrivono in caratteri maiuscoli in ogni cartello, ad ogni angolo di strada, in ogni chiostro. "prostituzione di cervelli": in questi giorni movimentati non ho sentito una definizione migliore di quello che ci stanno facendo, privandoci degli elementi base per continuare a studiare, a capire, a diventare degli adulti consapevoli, a coltivare un senso critico che possa farci dire No, quando serve. quando ti mettono un guinzaglio, per esempio. ma c'è anche chi sa abbaiare, per una razione doppia di cibo.
e tutto quello che so dire è che l'altro giorno all'assemblea studentesca non facevano altro che passarmi brividi da un punto all'altro della spina dorsale, perchè mi guardavo intorno e vedevo occhi sbarrati, non davanti alla televisione ma increduli di fronte a persone che parlano di una verità malvagia, irreversibilmente amara, ma con l'ottimismo di chi non usa manganelli ma parole.



giovedì 16 ottobre 2008

e se sapessi cosa succede

faccio appena in tempo, mentre percorro corso garibaldi, ad assaporare la sensazione di appartenere nuovamente ad una città che avevo messo un po' in un angolo, faccio appena in tempo a rendermi conto di esserci dentro, fagocitarla e farmi fagocitare, quando succede qualcosa che mi provoca solo del vomito, abbondante vomito.

(scritta accanto all'entrata del liceo classico foscolo, a pavia)

ma cosa succede alle nostre scuole?
ma cosa succede alle nostre città?
e a noi, cosa succede?

martedì 7 ottobre 2008

ci voglio mettere molto in quel gesto

salgo sul 3 in piazza della vittoria, diretta alla stazione, si riempie in dieci secondi e mi ritrovo particolarmente schiacciata contro un vetro dell'autobus, mentre cerco di tenermi attaccata con una mano alla sbarra e con l'altra alla valigia in modo che ferisca i piedi di meno passeggeri possibili. un signore seduto, lo vedo già che vuole attaccare bottone, trova solo me, iniziamo a parlare discutendo del fatto che proprio non si può, stare così schiacciati, che a quest'ora di solito proprio non c'è nessuno, e non piove nemmeno, oggi!, figuriamoci se piovesse... e poi mi chiede cosa studio, dove sto andando, commenta il mio piercing sorridendo, mi dice lei signorina si vede che è una brava ragazza, una hippie!, io rido, e poi studia lettere certo, glielo si legge in faccia... e tutto il fracasso delle chiacchiere intorno e delle ruote sui sampietrini si placa nella mia testa, quando mi parla di scarpe fatte di cartone e di spago, e poi un secondo dopo siamo ad auschwitz, ha 7 anni, con la pelle delle sue sorelle trucidate (tre) i nazisti hanno fatto qualcosa, mi dice che cosa ma io lo rimuovo subito, per sopravvivere, mi dice che gli fa piacere incontrare persone come me perchè io assomiglio alle sue sorelle, quella dolcezza infrangibile che lui riconosce nella folla. quasi non mi accorgo ma siamo arrivati alla fermata di fronte alla stazione, saranno passati solo dieci minuti ma è stato come un viaggio intero, la maggior parte dei passeggeri scende e noi con loro, sul marciapiede ci fermiamo e mi chiede se può offrirmi qualcosa, non so un caffè un succo una brioche, io ho il cuore colmo di tenerezza che da qualche parte devo versare, gli chiedo scusa ma rischio di perdere il treno, devo proprio andare, gli stringo la mano, lo faccio con energia, davvero, ci voglio mettere molto in quel gesto, e sfodero un sorriso veramente pieno, che quantomeno riesca ad abbracciarlo, poi mi allontano, e mi volto un'ultima volta.

"e lei s'abbandona alla corrente della lettura come all'unico atto di vita possibile in un mondo in cui non resta che sabbia arida su strati di bitume oleoso e rischio di morte per ragion di Stato e spartizione di fonti d'energia..."
[italo calvino, se una notte d'inverno un viaggiatore]

sabato 4 ottobre 2008

tratti infinitesimali

si rischia di avere stralci di cuore un po' ovunque, ad un certo punto, e non si parla solo di luoghi differenti ma anche di tempi che ti trattengono un po', o sogni che ti spingono da dentro. come dividere la propria personalità in tratti infinitesimali. si finisce col perderla?
la mia lista di vorrei si riduce ad un punto solo:
avere più tempo per fare, avere meno tempo da aspettare.