giovedì 29 aprile 2010

tempi

stamattina a lezione di francese si parlava di marocco e algeria. di deserti e oasi, di donne e scrittrici coraggiose, di colonialismo. mordendomi il labbro inferiore ho ricordato i mille dettagli del viaggio di mio papà - a volte, e dico a volte, spero di aver preso da lui quel pizzico di follia.

davanti al caffè dopo pranzo ero semplicemente felice di essere lì - i chiostri all'ombra, il glicine, i sassi rotondi sotto i piedi che fanno male - tutto era al suo posto, nel mio primo vero giorno di primavera.

sotto un salice piangente sulla sponda del ticino mi sono accovacciata intorno alle quattro e ho visto scorrere più parole che acqua, ma più acqua che lacrime, per fortuna. il fiume lento e largo, l'amica per la quale nessuna metafora è mai abbastanza, fili d'erba intrecciati a fare anelli improvvisati, che durano minuti sull'anulare destro ma secoli nei nostri pensieri.

stanotte guardo una luna limpida e sfacciata, getto le illusioni in una tazza di tè verde e le sciolgo insieme ad un cucchiaio di miele.

venerdì 16 aprile 2010

milano

ricomincio ad amare milano nel momento in cui meno me l'aspetto. funziona sempre così. quando ti sei stancato dei locali pieni di persone perfettine, di ragazze sempre su tacchi vertiginosi, di una birra a prezzo disumano, di guidatori arroganti e del cielo lontano e irraggiungibile, beh, qualcosa ricomincia a battere. nella città inizi a vederci vita - basta un angolo giusto, qualche colore azzardato, un albero dove ti aspetteresti solo cemento.
i tram mi faranno sempre sorridere, così fuori luogo nel loro essere vintage e meravigliosamente lenti. veder correre le persone, invece di camminare, non mi dà più fastidio: inizio a credere che sia semplicemente il respiro della città. le luci ai piani alti non si spengono mai, e puoi sempre sbirciare le ombre allungate dietro le tende al terzo piano. un lampadario costoso, una figura nascosta, la notte che non sembra finire.i vetri rotti per terra nemmeno li vedi se non ti fanno sanguinare i piedi. la metropolitana non ha più odore ma soltanto luci surreali. i suoni li tieni distanti, soltanto le risate lontane rimbalzano contro le pareti e ti fanno il solletico dietro le orecchie.
domani, milano, continuerai a non avere sonno.


venerdì 9 aprile 2010

contrasti

penso di scrivere un post ma poi non ho idee. e allora mi fermo. perchè è assurdo scrivere qualcosa partendo dal niente. eppure.

la libreria alla mia sinistra sta scoppiando e più scoppia e più si allunga a dismisura la lista dei libri che voglio leggere - ho sentito dire da qualcuno che chi si rifugia nei libri non è in grado di vivere appieno, nel reale, la propria vita. non posso che essere in disaccordo mentre guardandomi indietro vedo in loro come un insieme di esperienze, antenati, radici: un'eredità immensa e discreta, stampata nero su bianco e rilegata in quell'insieme variopinto di copertine. ci trovo dentro quello che non so leggere in me: contrasti, come il cinismo di Beigbeder messo accanto alla musicalità di Baricco.
leggere, così come viaggiare, rischia spesso di rendere intolleranti al proprio microcosmo. aprirsi a nuovi mondi aumenta a dismisura il rischio di sottolineare i difetti del proprio ma -e qui dovrebbe stare il rovescio della medaglia- è anche il solo modo di combattere la miopia dell'ignoranza. non c'è fare senza prima immaginare. lo ripeterò dentro di me sognando un viaggio senza capo nè coda, un picnic, un futuro, prima di ogni manifestazione, di ogni angolo di via, di ogni scatto, guardando un quadro, una farfalla, una cascata, ridendo di una follia, di un rancore, dei destini incrociati.