sabato 12 dicembre 2009

pianura su pianura

sono giorni questi in cui faccio avanti e indietro da pavia in auto agli orari più disparati. in questi micro-viaggi cerco da subito la compagnia di lifegate radio, in attesa febbrile di perle di musica Buona. superata la tensione da attraversamento della città, che comprende stop rotonda stop svolta a destra stare in fila rotonda semaforo attesa svolta a sinistra, ho abbastanza tempo per rimanere da sola tra lunghi rettilinei, curve ampie e, soprattutto, pianura su pianura.
è col tempo che ho imparato ad osservare e a conoscere gli angoli che a prima vista sono di una banalità sconvolgente, per chi è nato e cresciuto in questo soffocante pezzo di mondo. ora sorrido quando arriva il tempo della brina che copre i campi fingendosi neve, sorrido quando arriva il tempo delle distese gialle dei campi di colza, sorrido quando spuntano i primi papaveri ai lati della strada, sorrido quando è tempo delle risaie inondate d'acqua (e rallento perchè è come attraversare in punta di piedi l'alta marea), sorrido quando vedo le file ordinate di balle di fieno. e quando il sole sorge, tramonta, si nasconde o fa l'irriverente, mi stupisco sempre.
allora se trovo il coraggio accosto l'auto al bordo della strada, facendomi maledire da tutte le macchine che mi sorpassano noncuranti, e scatto una foto che mi ricordi perchè in fondo qui non fa tutto così schifo come è facile pensare.




venerdì 27 novembre 2009

haiku pt. 2

dormirò
nella Plaça del diamant
con solo te addosso.

mercoledì 11 novembre 2009

come pietra di notte

come pietra di notte mi adagio su un filo d'argento.
come pietra di giorno ingoio la luce di zucchero e sale.

questo mare sa di terra. di terra e di brace.
odora di sangue caldo e frizzante.

come il rosso più rosso disegna timori di limpida follia.
come il rosso nuota nel bianco e ferisce i colori.

questo corpo si brucia pungendo il destino con spilli di ghiaccio.
odora di pensieri tagliati a metà, lui.

come miele
scivola.

come me
scivola.

domenica 8 novembre 2009

su una pellicola

non mi sento troppo speciale nel dire che alcuni istanti della mia vita li vivo su una pellicola come in un film; magari un po' sfocato, ma semplice, nel suo susseguirsi di fotogrammi legati a vita col precedente e col successivo.
chissà quante volte l'ho pensato. sicuramente davanti ad un tramonto, nell'eco di una risata troppo forte, in un angolo buio di una via, davanti ad un quadro, ascoltando una canzone a volume troppo alto, chiudendo una valigia, aspettando di dire qualcosa di importante.
ieri è successo in una situazione banale. ero da sola in macchina e sorridevo per ogni scia di luce artificiale che si incontra con l'asfalto bagnato dalla pioggia, creando quella magia che mi fa stupire ogni volta di come anche una città possa essere bella, a modo suo. la radio ha iniziato a suonare all i need degli air, e quei minuti sono stati meravigliosi, c'ero solo io, potevo essere silenziosa senza sentirmi in colpa, fragile senza sentirmi in colpa, confusa senza sentirmi in colpa; canticchiare senza preoccuparmi di essere stonata, o di essere ridicola.
avrei solo bisogno di sentirmi così un po' più spesso.
di sentirmi così: nel bel mezzo di un film, certa che ad un fotogramma ne seguirà un altro, come destino già scritto e cucito al presente.

mercoledì 4 novembre 2009

haiku pt. 1

la luna piena
faceva ombra
all'altra parte di cielo.

lunedì 26 ottobre 2009

berlino, al ritorno

introduzione: la frase cult è "mi sento i pesci rossi nel cervello" (c'è da scriverci un libro)

ci sono quattro ragazze che si stupiscono di tutto, e hanno degli occhi enormi e la bocca spalancata davanti ai colori e agli angoli di strada. non passano il tempo a parlare ma a parlarsi, e dividono i pensieri in quattro e le difficoltà in quattro e la felicità in quattro. sono così diverse da rendersi simili, sotto un cielo che a malapena riesce a contenerle.
proviamo a metterle in una città come berlino, capitale delle culture, una città in cui persino i profumi dovrebbero essere considerati monumenti. camminano guardando i volti, sorridono per ogni treno giallo, fanno le smorfie ai bambini sui passeggini per farli ridere, provano a fotografare pezzi di cielo. e corrono, corrono perchè sessanta ore insieme equivalgono a sessanta caffè, e non si possono sprecare.
alle mie stelle dico: insieme facciamo un s o l e. di quelli grandi, tondi, rossi, che non tramontano mai.

lunedì 19 ottobre 2009

berlino, prima di partire

fra poche ore parto per berlino e vorrei in questo momento avere tre mani per poter così stringere la mano ad ognuna delle mie bellissime compagne di viaggio. e così felpe pesanti, una sciarpa enorme e un nuovo cappello: questo mi basta adesso per immaginarmi tre giorni che si cuciranno sulla mia vita come un tatuaggio indelebile di felicità.
ah, no: anche una macchina fotografica per imparare nuovamente a guardare oltre i miei occhi.

e lo spazzolino, cazzo,
lo spazzolino.


martedì 6 ottobre 2009

e lasciamole cadere queste stelle.


Quanti anni avevano le sue paure?
E le stelle che cadono sono come gli elefanti quando vanno a morire in riva al mare?
Perchè ci si sente sempre bambini davanti alle giostre?
E perchè il cuore non è come la coda delle lucertole che ricresce sempre?
E perchè è così facile credere al sorriso di un uomo?
Perchè fumo anche se so che mi fa male?
Perchè vivo con la certezza di non riuscire a strapparmi dall'inferno che mi circonda?
Sono io lo specchio delle mie paure.

[ e lasciamole cadere queste stelle - filippo timi ]

sabato 3 ottobre 2009

cerco di assorbire luce

sul giornalino del liceo scrivevo di musica e di libri. ora non riesco a scrivere più di nulla.
ascolto, tanto, leggo, tanto. cerco di assorbire luce da chi l'arte ce l'ha tra mani.
se scrivo sono lettere d'amore o di protesta.
del resto, non so.

sabato 15 agosto 2009

ogni tanto ho bisogno di rileggere baricco, perchè non mi interessano per nulla le tonnellate di critiche che gli rivolgono costantemente, e perchè riesce davvero con estrema semplicità a farmi sentire meno estranea, meno strana, al mondo.
poi ci sarà uno zaino da fare, il mare, foto da fare e pensieri da districare.
(l'orologio giallo lo lascio a casa, perchè non mi interessa sapere che ore sono)

mercoledì 15 luglio 2009

un orologio giallo

sono così amareggiata per un esame andato male che decido di comprarmi un orologio giallo; un orologio giallo che mi ricordi che le ore prima o poi passano una dopo l'altra e mi portano man mano più vicina al mio sole personale.
poi in auto con le lenti tutte sfocate dalla stanchezza mi vengono raccontate storie che forse non vorrei sentire - vorrei essere sempre troppo piccola per sentirle. e invece non lo sono, quindi deglutisco, prendo un bel respiro e dico la mia, un'opinione tagliente dietro l'altra, per imparare ad essere severa anche con me stessa. a quel punto è troppo tardi e la vista si appanna, perchè non puoi nemmeno immaginare come si possa stare mentre si vede morire una propria amica, un giorno dopo l'altro.
provo a scrivere questi momenti per potermeli ricordare, giorno dopo giorno. per imparare a non sbagliare.

martedì 16 giugno 2009

non c'è niente che riesca a togliermi di dosso questa sensazione.
materiale quanto un buco nero sull'altra sponda dell'universo.

lunedì 25 maggio 2009

non c'è tempo c'è tempo

caldo e una valigia pronta e un'altra ancora da fare, si parla sempre di valigie qua, forse il problema è che non so proprio fare altro. ah sì, so abbinare il colore degli orecchini con quello dei calzini, ma suppongo sia un'attitudine che non mi porterà molto lontano.
alla fine è arrivata la primavera ma non si è fermata e ha lasciato posto all'estate. ci vuole una playlist che non sappia di nostalgie, penso mentre l'ipod sfodera brani a caso di una tristezza colossale... mentre la testa ancora satura di super tennent's macera pensieri cattivi contro l'uomo che fa finta di governare questo paese; vorrei che un giorno non fossimo costretti Noi ad andarcene da qui, ma che, al contrario, fosse lui a scomparire nelle sabbie mobili lasciando a noi lo spazio di un respiro di sollievo grande come la groenlandia.
quanti vorrei, in queste attese immotivate.
aspetto per esempio la ricetta di una torta al cioccolato.
aspetto elisa, dato che dobbiamo ancora iniziare a contare le piastrelle del bagno dei magazzini generali.
aspetto un caffè a parlare di noi, annacquato da lacrime che arriveranno puntuali.
aspetto una festa, una manciata di ore col rossetto rosso a far risuonare risate nel cielo.

giovedì 7 maggio 2009

dietro(dentro) questo camminare

ci vuole poco per accorgersi che non si sa niente delle persone che ci stanno intorno. non basta scambiarsi messaggi in settimana, scomparire, ricomparire. non basta passare da casa farsi lavare i panni sporchi e poi riprendere un treno, macinare chilometri, ricominciare, da capo ogni volta. sembra sempre di trovare una lavagna cancellata ma non limpida, ancora sporca di polvere di gesso, lasciata lì ad assorbire distanze.
non c'è nome non c'è storia dietro(dentro) questo camminare, suole spaccate dai ciottoli, unghie distrutte o mangiucchiate tra un cambio d'aula e l'altro. ma brillare di stelle ce n'è, come promesse in una coltre di smog e ipocrisie.
non posso vivere di persone perchè le persone non danno pane. caffè sì, e anche tisane fantasiose lasciate raffreddare all'una di notte, insieme a sogni di sale ma anche meno fragili, di bruciore e libertà. e se tu ci sei, ti aspetto, come ti ho aspettato fino ad ora, intrattenendomi con quintali di libri e tentando finchè posso di capire, finchè non diventi tardi troppo tardi.
il giorno però non dura a lungo, ci sono tramonti non sempre da fotografare e notti non sempre limpide di luna quasi piena come stasera. le notti le conto come fossero granelli di un rosario. i giorni li vivo da dentro come giudice di me stessa.

mercoledì 8 aprile 2009

scorro su repubblica.it le foto di volti che hanno perso tutto. lo faccio non per esorcizzare la paura, non per masochismo, non per eccesso di solidarietà. lo faccio, egoisticamente, per ricordare in primis a me stessa quanto ho e quanto do per scontato di avere. se c'è Qualcuno lassù che muove i nostri fili, beh, credo che li abbia intrecciati un po' troppo sbadatamente, o forse no, nella consapevolezza che ci avrebbe aiutato almeno nel tempo del dolore a guardare tutto con altri occhi. ora mi sembra incredibile poter pensare di stringere tra poche ore la persona che amo, e aspettare mi pare un sollievo. mi sembra incredibile innamorarmi di un luogo che per ora non esiste se non nella mia testa. è impensabile poter progettare qualcosa che non sia per domani, domani, sempre domani.
mi concedo almeno un momento di pensieri spazzati via, prima che la sabbia torni a farmi prudere gli occhi. perchè una volta sfogliati i giornali, concluse le edizioni straordinarie, chiuso mozilla, la cicatrice che ci resterà addosso sarà sempre troppo invisibile. siamo noi, gli italiani che dimenticano. e che per questo non possono dare futuro ad una nuova generazione. pessimismo cosmico come ghigliottina della staticità.
non ho immagini, mi sono innamorata di un'immagine.
non ho ricordi, mi sono innamorata di un ricordo.

torno a sentirmi in colpa per ogni respiro che faccio. non mi succedeva da un po'.

a te, l'aquila, che ho amato nei sogni prima ancora di vedere, lascio un pezzo di cuore, un dolore che non riesco ad elaborare, ma tu ne sei troppo carica per poterlo sopportare.

venerdì 13 marzo 2009

non so niente

di politica
di fotografia
di terra bruciata
di arte
di fame
di un fiume pulito
di vecchi vinili
di polvere
di cave di tufo
dei sogni che passano in testa alla gente

mio padre mi dice che, quando è uscito da casa sua, non aveva in tasca nemmeno un soldo, ha lasciato pure la sua bicicletta. e che ha lavorato per mangiare un piatto di minestra la sera, e per potermi dare un'istruzione.
gli dico che con una laurea in lettere non ci farò comunque niente.
mi dice che si può sempre coltivare la terra.

stanotte sognerò di coltivare carciofi e zucche giganti e poi di leggere erri de luca, la sera, con le mani distrutte.

lunedì 9 febbraio 2009

ti aspettavo all'ora del tè

dove sei, tranquillità?, che a lungo ti ho cercata ma forse ti eri persa nella nebbia in questo inverno senza fine. oggi però non avevi scuse, con tutto questo sole, in pianura senza far fatica ti aspettavo all'ora del tè - e invece sei scomparsa lasciandomi sul davanzale qualcosa che a vent'anni suonati non è ancora facile comprendere. mi hai portato in silenzio un'amica che arriva e ferisce di spalle, come i traditori che sanno di esserlo, e per questo non vogliono vedere in faccia colui che tradiscono.
si chiama cattiveria, e il sangue di queste ferite è sempre più nerastro ad amaro.

mercoledì 4 febbraio 2009

wanna save it?

è strano e squallido pensare che formattare un computer ti porti necessariamente a riconsiderare un tuo pezzo di vita, come riprovare vecchie scarpe che ti stanno troppo strette: non c'è modo di camminarci nuovamente, anche se hai l'impressione di averle amate tanto. decidere di salvare o meno un file, una conversazione, una foto, equivale a quando nel passato si facevano all'aria falò di ricordi, per farli uscire prima materialmente dalla nostra vita in attesa di eliminarli, col tempo, dalla nostra mente. e sarà anche girare la spessa pagina dell'adolescenza, però io certe cose non mi ricordo di averle scritte: di dolori che al momento apparivano senza fine, non ne conservo traccia. amicizie che credevo eterne, si sono perse alla ricerca di un'identità. racconti ai quali ho dedicato mesi, mi appaiono banali capricci da tredicenne. amori che mi stringevano lo stomaco, si sono sciolti a suon di lacrime. e-mail disperate, felici, persuasive, dolci, nere di rabbia o rosse di cuore... pezzi di giornate che mi han fatto diventare così, ma che non mi volto indietro a riguardare, a soppesare.
sorrido per la strana armonia con la quale persone che contavano molto per me sono finite a non salutarmi per strada, mentre piccole scintille di passaggio hanno preso forma e sono diventate contorni che conosco a memoria. sento comunque di averci guadagnato.
formattare un pc ti porta a credere che tutto quello che in un giorno lontano hai considerato come Fondamentale, finirà con l'allontanarsi da te senza farti nemmeno male; e tutto ciò invece che hai lasciato a prender polvere in una scatola, starà lì ad aspettarti, rivelandosi poi, al momento giusto, sorprendente come un paio di scarpette di cristallo che calzano perfettamente.


venerdì 23 gennaio 2009

masticando una lenta attesa


m
asticando una lenta
attesa, metto a fuoco quel
tratto di
te che ancora confonde e stupisce.
e se ad orientarmi non riesco,
osservo, ed in seppia ritraggo un sorriso.

-click.-

mercoledì 7 gennaio 2009

un valzer lento e freddo


il mio nickname nevedimiele prende ispirazione dal ricordo del titolo di una compilation su cassetta che mi spedì margherita una manciata di anni fa. il giorno in cui dal cielo caddero pecore e miele mi diede subito una sensazione definitiva di tranquillità ovattata, di natura sottosopra, di lentezza armonica ma imprecisa. è un'immagine che non si è mai sciolta definitivamente nella mia testa, rimane lì, a mezz'aria, a farmi compagnia, come le favole ben scritte.
oggi stando alla finestra a veder scendere tutta questa neve, e a sentirne le conseguenze, ho provato ad immaginare i fiocchi così leggeri e silenziosi e soffici e cristallini, uno per uno, a cadere in un valzer lento e freddo. ho pensato ad un camino, a una coperta per terra, a tante cose semplici ed importanti che le persone si dimenticano andando di fretta, lavorando cinque giorni a settimana per ubriacarsi un paio di sere.
se singhiozzo prima di dormire è perchè so che la neve si scioglie, diventa poltiglia nerastra, la gente torna ad arrabbiarsi e a suonare il clacson per strada; e perchè c'è qualcosa di me che non so, nascosto sotto tanto candore, e il sole è l'ultimo a scoprirlo.