venerdì 25 marzo 2011

oggi non riesco a dare nomi ai pensieri

oggi non riesco a dare nomi ai pensieri è una frase che penso chiudendo gli occhi in metrò e penso nuovamente la sera tardi, infilando una felpa molto più grande di me, piena di profumo.
come se per una volta i pensieri contassero più dei suoni. e gli occhi valessero più dei sapori. per questo per quanto mi sforzi non riesco ad associare pensare e dire, volere e agire. anche mentre salgo per una scala contando a mente i gradini, mi perdo.
come si perde una fine di marzo.
musica, nuda. che alza il volume mentre chiude le finestre.
i primi petali timidi, il primo raggio di sole bollente sul collo, i primi piedi nudi della stagione.
la schiuma del caffè sul labbro superiore.
cantare per strada per essere stonati, fare la fila da luini, tracciare una riga immaginaria su di un planisfero.
giocare con le incertezze come si gioca con le biglie.

domenica 13 marzo 2011

mar adentro

non lo so dove eravamo ma eravamo noi, con le dita dei piedi nell'acqua sempre troppo a lungo e le caviglie in acqua solo quando arrivano le onde, piccole e schiumose. tu mangiavi una fetta di melone con gli occhi chiusi e a me sembrava così stupido tenere gli occhi chiusi davanti al mare, ma non te l'ho detto. forse ti piace più sentirne soltanto il profumo e allora il mio commento sarebbe stato superfluo. superfluo come il tuo tentativo ad occhi chiusi di non mangiare granelli di sabbia, insieme al melone. -domani è ancora troppo presto per andarcene- mi dici, e per un istante non capisco se è una tua solita massima di vita gettata al vento o se, invece, stai parlando davvero di noi. -vorrei almeno aspettare che arrivi la pioggia, altrimenti che senso ha?- allora capisco che stai parlando di spostamenti reali, e stai prendendo tempo perchè non hai ancora finito di provare tutti i dolci al cioccolato del panificio all'angolo. ti do ragione distrattamente mentre raccolgo un pezzetto di vetro verde reso simmetrico e tondo dal lavoro continuo dell'acqua.
"da piccola credevo che questi fossero sassi magici che i pesci portavano a riva perchè noi poi li potessimo trovare e tenere in tasca"
"hai sempre creduto a tutte le favole che ti hanno raccontato, cazzo"
ho fatto scivolare il vetro morbido tra le dita dei piedi, senza dargli importanza, e l'altra mano l'ho passata nei capelli bagnati e salati.
poi me lo ricordo dove eravamo - me lo ricordo come ci si ricorda di respirare, con la stessa, naturale, urgenza. eravamo in Galizia, e tu volevi restare perchè prima di allora non avevi mai sentito un vento così ostinato e contrario come te.

martedì 1 marzo 2011

di sorrisi non ne fai e ti piace maltrattare

febbraio è passato come passa un pettine nei capelli senza nodi. un mese scivoloso, di pioggia di penna stilografica e di caffè, che i sanpietrini per terra provano a trattenere. libri, gatti e cucina hanno dato i ritmi a queste giornate che restano fredde ma corrono verso un assaggio di luce da esser gelosi; e in questi giorni quadrati imparo lentamente ad innamorarmi di questo luogo a tratti velenoso che è la lombardia, ventre piatto di acqua e pianure, pancia di balena affamata e disperata.
più che un guadagno, è una sfida: ad attraversare la toscana e a commuovermi per quelle colline sinuose ci metto sempre poco, attraversare la lombardia invece è un'imprecazione continua, un abbassare gli occhi davanti a traffico, fabbriche e cemento - o alzare gli occhi e trovare un muro di nebbia. per questo ci fanno nascere qui e poi non ci insegnano come fare per amare questi luoghi, come imparare a svoltare per la strada giusta e trovare un mare giallo di colza o un ciliegio in fiore, il ticino con le spiagge di vento e luna e falò. la scoperta diventa come un parto, ingiustamente eterno, di grida e bestemmie contro un grigiore che nessuno vuole meritarsi. si sputa a terra finchè un pugno ben assestato non ci costringe ad alzare gli occhi al cielo e a dipingerlo allora di un altro colore, più morbido, sopra un bianco assordante come di inizio pagina.