domenica 13 marzo 2011

mar adentro

non lo so dove eravamo ma eravamo noi, con le dita dei piedi nell'acqua sempre troppo a lungo e le caviglie in acqua solo quando arrivano le onde, piccole e schiumose. tu mangiavi una fetta di melone con gli occhi chiusi e a me sembrava così stupido tenere gli occhi chiusi davanti al mare, ma non te l'ho detto. forse ti piace più sentirne soltanto il profumo e allora il mio commento sarebbe stato superfluo. superfluo come il tuo tentativo ad occhi chiusi di non mangiare granelli di sabbia, insieme al melone. -domani è ancora troppo presto per andarcene- mi dici, e per un istante non capisco se è una tua solita massima di vita gettata al vento o se, invece, stai parlando davvero di noi. -vorrei almeno aspettare che arrivi la pioggia, altrimenti che senso ha?- allora capisco che stai parlando di spostamenti reali, e stai prendendo tempo perchè non hai ancora finito di provare tutti i dolci al cioccolato del panificio all'angolo. ti do ragione distrattamente mentre raccolgo un pezzetto di vetro verde reso simmetrico e tondo dal lavoro continuo dell'acqua.
"da piccola credevo che questi fossero sassi magici che i pesci portavano a riva perchè noi poi li potessimo trovare e tenere in tasca"
"hai sempre creduto a tutte le favole che ti hanno raccontato, cazzo"
ho fatto scivolare il vetro morbido tra le dita dei piedi, senza dargli importanza, e l'altra mano l'ho passata nei capelli bagnati e salati.
poi me lo ricordo dove eravamo - me lo ricordo come ci si ricorda di respirare, con la stessa, naturale, urgenza. eravamo in Galizia, e tu volevi restare perchè prima di allora non avevi mai sentito un vento così ostinato e contrario come te.

1 commento:

  1. -vorrei almeno aspettare che arrivi la pioggia, altrimenti che senso ha?- mi piace molto questa frase: la pioggia rappresenta sempre un punto di svolta, di inizio o di cambio, poche volte di fine.

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